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ANSIA E SPORT: QUANDO UNA SCONFITTA PUO' PORTARE AL DEFINITIVO CROLLO PSICOLOGICO

  • Alessandro Cariulo
  • 13 mag 2021
  • Tempo di lettura: 3 min

È la sera del 12 maggio, trentaseiesima partita del campionato di calcio di serie A. Si affrontano Torino e Milan. La prima con l’obiettivo di evitare la retrocessione in serie B, la seconda per inseguire la qualificazione alla Champion’s League. Al 79’ minuto, a poco più di dieci minuti dalla fine della partita, il tabellino recita: Torino 0 – 7 Milan. Non si tratta di una sconfitta. Nello sport ci sono le sconfitte e le disfatte. Nel calcio, quando l’avversario ci supera di 4 e più gol, si può parlare di disfatta.


Ma cosa è accaduto nella mente dei giocatori in casacca granata? Si tratta di una sbandata, un crollo improvviso, oppure di qualcosa di più radicato e profondo?


Un problema può essere sicuramente legato alle scelte dell’allenatore, che già sicuro di incorrere in una sconfitta, decide di tenere in panchina gli uomini migliori, anche i leader della squadra, per risparmiarli in vista dell’imminente scontro salvezza, molto più alla portata della squadra piemontese. Se vogliamo possiamo aggiungerci la situazione, con carenza di obiettivi e di successi, che da qualche anno caratterizza la squadra, sempre stretta nella morsa della contestazione della tifoseria nei confronti della società. Tutto questo però non giustifica le dimensioni della debacle.


Nonostante quello che si può pensare, non esiste un atleta che sia sereno nel momento della sconfitta, o nell’immaginare la possibile sconfitta. Ci sono degli atleti che vivono la sconfitta, che poi è parte della competizione, come una vera e propria tragedia. Il pensiero relativo al fallimento può essere spaventoso, schiacciante e può diventare la principale di blocco psicologico per molti atleti. L’esempio, nel caso in esame, è dato dal fatto che già sul 4-0 era possibile vedere alcuni dei giocatori del Torino in lacrime, piegati sulle ginocchia in mezzo al campo, con le mani nei capelli o che si coprivano gli occhi.


L’ansia del fallimento determina il cattivo esito della performance. Ma quali conseguenze può avere?


Un altro aspetto senza dubbio importante è l’ansia. Se gli atleti sono posti in una situazione, e in una condizione, che li porta ad avere paura del fallimento, quindi a ritrovarsi in una situazione di ansia, anche dovuta alla pressione dell’ambiente intorno a loro, arriveranno a mettere in atto un comportamento di tipo conservativo, e quindi non ci saranno balzi in avanti e azioni che prevedano il minimo rischio. In questo modo si evita di avvicinarsi al proprio limite, sfidare noi stessi e quindi poter sbagliare. In questa situazione non ci dobbiamo dimenticare che abbiamo davanti un avversario che, se è esperto, può notare questo atteggiamento conservativo e magari approfittarne.


Se l’ansia del fallimento sovrasta l’atleta, e si propaga in tutto in gruppo, si può iniziare a pensare in modo catastrofico, estremizzando le conseguenze della sconfitta. Tutto questo influirà inevitabilmente anche sui livelli di ansia in particolari momenti, come il delicatissimo pre – gara, portandoli ad aumentare, e nella fase di demoralizzazione post – gara, soprattutto in caso di sconfitta ed in particolare di disfatta. In questa situazione il modo di pensare dell’atleta diventerà inevitabilmente negativo e poco funzionale. Si tenderà a perdere la concentrazione, incappando in errori anche grossolani, e questo non farà altro che aumentare il tuo livello di stress. In questo circolo vizioso si tende a muoversi cercando di evitare la situazione che si teme, ma invece di allontanare ansia e paura, si tenderà ad avvicinarle e ad alimentarle, rischiando di rimanere intrappolati nella profezia che si auto-avvera: se temo che qualcosa andrà male, a forza di ripeterlo, andrà male davvero.


E adesso quindi, messa in archivio la disfatta di ieri sera, Davide Nicola, l’allenatore del Torino, dovrà esser bravo a ripulire le menti dei suoi atleti dalle scorie a livello psicologico. E dovrà farlo rapidamente, visti i pochi giorni che separano la squadra da una nuova e determinate sfida. La bravura dell’allenatore sta anche in questi piccoli particolari, non solo nella preparazione tecnica, ma anche nelle capacità di motivazione, empatia e nel cercare di promuovere la resilienza, ovvero la capacità di superare gli ostacoli, nei propri atleti. Solo il tempo, e le due partite che rimangono alla fine del campionato, ci potranno dire se Nicola è un bravo motivatore oppure no.

 
 
 

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