CORONAVIRUS: DALLA PSICOPATOLOGIA ALLA NORMALITA'
- Alessandro Cariulo
- 22 apr 2020
- Tempo di lettura: 3 min

Aprile 2020. Persone che prima di uscire di casa si mettono guanti in lattice e mascherine, una volta usciti evitano il contatto diretto con ogni persona, niente strette di mano, abbracci o baci e, una volta fatto ritorno alle proprie abitazioni, si disinfettano vestiti e scarpe, oltre a lavarsi le mani seguendo un preciso schema della durata di almeno una quarantina di secondi. Persone confinate in casa, intimorite da quello che potrebbe accadere uscendo all’aria aperta, il pericolo del contagio, la paura di ammalarsi e non essere curati adeguatamente a causa del sovraffollamento degli ospedali. Persone chiuse 24 ore su 24 tra le quattro mura della propria casa, pensando al futuro, a scenari catastrofici per l’umanità ma anche per la singola persona, preoccupazioni per la propria condizione lavorativa ed economica. A tutto si aggiungono le dipendenze, da internet, da alcol, da cibo. La costante ricerca di notizie sul web, intasato da fake news di ogni tipo che portano alcuni a credere a complotti o dietrologie di ogni tipo, compresi i “magici” rimedi consigliati per evitare o guarire da gravi malattie.
Fino a circa 90 giorni fa, quadri comportamentali di questo tipo, avrebbero indicato soggetti affetti da gravi disturbi d’ansia, disturbi ossessivo – compulsivi, agorafobia, ipocondria, depressione, tratti di personalità paranoide, schizoide, schizotipica o dipendente. Ma adesso, nell’aprile 2020, tutti questi comportamenti rientrano nella normalità, alcuni imposti da decreti legislativi di emergenza, altri subentrati come logica conseguenza a tutta questa situazione anomala e complessa.
Pandemia, virus, isolamento sociale, malattia, morte. Tutte parole che, a qualsiasi persona, fanno venire i brividi solo a leggerle. Il fatto è che adesso noi sentiamo ripetere queste parole ogni giorno. Costantemente. Siamo confinati nelle nostre abitazioni, non abbiamo più contatti sociali, non possiamo muoverci liberamente, andare al cinema, a teatro, frequentare amici, partner, parenti. Siamo senza lavoro, in molti casi in cassa integrazione. Dobbiamo fare code di centinaia di metri in attesa di entrare al supermercato. Se guardiamo fuori dalla finestra vediamo strade di città quasi deserte, poche auto e poche persone a piedi che le popolano, negozi con le saracinesche abbassate, in alcuni casi animali selvatici che si avventurano nei confini cittadini. Si tratta di scenari apocalittici, che così nuovi forse non lo sono. Film apocalittici hanno sempre posto al centro della storia l’invasione degli alieni, considerati come esseri super intelligenti a tal punto di prendere il possesso della Terra, catastrofi naturali devastanti, come segno di impotenza dell’uomo davanti alla natura, e la diffusione di virus mortali, la morte invisibile che si diffonde in ogni angolo del mondo. Quella della pandemia è quindi una delle fobie ancestrali che si annida nella mente dell’essere umano e, questa volta, la fobia è diventata reale e concreta portando inevitabilmente ad una sensazione di ansia, paura e angoscia. Angoscia per il presente. Ansia e paura per il futuro.
Quello che dobbiamo chiederci è: cosa succederà dopo la pandemia? Anche se è una domanda a cui nessuno può rispondere con certezza, possiamo avanzare alcune ipotesi. Sicuramente dovranno cambiare le nostre abitudini di vita, abitudini anche e soprattutto a livello sociale: non stringere la mano ad una persona che incontriamo non sarà più un gesto maleducato, ma anzi sarà segno di rispetto per l’altro. Comportamenti che prima venivano considerati anomali, come la persona che usa un fazzoletto per aprire e chiudere la porta di un bagno pubblico o la porta di un negozio, adesso rientreranno nella normalità. Ci sarà una diffusione di Disturbi da Stress Post-Traumatico, un disturbo che coinvolge persone la cui vita è stata in pericolo o che sono state sottoposte all’osservazione e/o all’ascolto di situazioni potenzialmente pericolose, si tratta di un disturbo diffuso soprattutto tra i reduci di una guerra, perché a livello psicologico, anche se siamo consapevoli che la pandemia non è una classica guerra con soldati, fucili e bombardamenti, ha lo stesso identico effetto di un conflitto bellico o di un attentato terroristico. In alcuni casi potranno cambiare le ideazioni deliranti e i contenuti dei deliri: non molti giorni fa, un ragazzo che ha ucciso la compagna, ha giustificato il fatto affermando che lo ha fatto perché la ragazza lo aveva contagiato con il Covid-19, salvo poi scoprire dagli esiti dei tamponi che nessuno dei due ne era affetto. Dovremo essere pronti a fronteggiare disturbi d’ansia, depressione e disturbi dell’umore, e tutto quello che un cambiamento drastico a livello sociale comporta: dalle abitudini sociali, come detto, fino alla possibilità di perdere lavoro, avere difficoltà economiche, con l’aumento del numero delle persone che verseranno in condizioni di alta criticità. Il concetto di socialità dovrà inevitabilmente cambiare, ma non per questo dovremo rassegnarci alla solitudine, ma dovremo cercare di sviluppare altre abilità, per esempio quelle tecnologiche.
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