IN ME LA NOTTE NON FINISCE MAI: 16 O 18 DELITTI?
- Alessandro Cariulo
- 7 mag 2022
- Tempo di lettura: 5 min

Delitti, misteri e domande senza riposta caratterizzano da decenni il caso del Mostro di Firenze, catalizzando l’attenzione dell’opinione pubblica toscana e dell’Italia in generale.
Senza dubbio, uno di questi misteri, riguarda il possibile legame con la serie delittuosa del duplice delitto di Lucca. E’ la sera del 21 gennaio 1984, Paolo Riggio e Graziella Benedetti, fidanzati da circa 10 anni, dopo aver trascorso una serata mangiando una pizza decidono di appartarsi lungo le sponde del fiume Serchio, in località Sant’Alessio, una zona nota per essere frequentata da coppiette in cerca di intimità. Poco dopo essere arrivati sul luogo indicato e aver spento il veicolo, la coppia viene raggiunta da alcuni colpi di arma da fuoco che inizialmente infrangono il vetro anteriore lato passeggero, per poi raggiungere prima Paolo e poi Graziella, con esito letale. L’arma usata dall’assassino è una Beretta calibro 22, esattamente come quella del Killer delle colline fiorentine. La differenza sta nei bossoli rilevati che, nel caso del duplice delitto lucchese, sono marca Lapua con la lettera L sul fondello, e non Winchester con la H stampigliata sul fondello, come quelle del Mostro.
Già all’epoca, i dubbi riguardo alla natura del duplice delitto lucchese, avevano interessato non solo l’opinione pubblica, ma anche gli investigatori e gli inquirenti, tanto che Sandro Federico, capo della Squadra Antimostro di Firenze (SAM), si recò a Lucca la mattina del 22 gennaio per valutare da vicino la scena del crimine e le circostanze del fatto, salvo poi decretare rapidamente l’estraneità del duplice delitto di Sant’Alessio rispetto alla serie fiorentina.
Ma allora, il duplice delitto Riggio – Benedetti, è da attribuire al Killer delle colline fiorentine oppure no? Vediamo di fare un po’ di chiarezza e provare a rispondere a questa domanda almeno dal punto di vista criminologico.
Partiamo dall’inizio: che tipo di delitto potrebbe essere stato quello di Sant’Alessio:
- Delitto a scopo di rapina -> Detto che la borsetta della ragazza viene rinvenuta all’esterno della vettura e il portafogli del ragazzo non verrà mai ritrovato, non ci sono chiari elementi che ci indirizzino verso questo tipo di delitto. In particolare sono le modalità di azione e la ricostruzione dei fatti a lasciare un po’ di perplessità riguardo alla rapina, vista l’assenza di una qualsiasi reazione da parte dei ragazzi e la rapidità con cui furono freddati. Un rapinatore in genere tende ad interagire, anche se minimamente, con le sue vittime, e più che altro tende ad utilizzare un’arma, da fuoco o da taglio, per minacciare e non per uccidere. Valeva davvero la pena uccidere due giovani ragazzi per ottenere pochi spiccioli? Non credo. Direi quindi che l’omicidio a scopo di rapina lo possiamo accantonare, sempre con il beneficio del dubbio.
- Delitto per vendetta -> Da quello che è stato possibile capire, la storia personale dei due ragazzi, non lasciava spazio ad una simile possibilità, salvo che si possa prendere in esame il caso dello scambio di persona, anche se in questo caso sembrerebbe un po’ come arrampicarsi sugli specchi. Possiamo dire, con quasi nessun margine di dubbio, che possiamo escludere anche questo tipo di movente per l’omicidio.
- Delitto maniacale -> Non ci sono tracce di violenza sessuale o che possano ricondurre ad una componente sessuale, né sui corpi né nelle loro immediate vicinanze. I ragazzi si erano appena appartati e si trovavano in un fase molto preliminare del rapporto sessuale, esattamente come nella maggior parte dei delitti del Mostro. Oltre all’utilizzo dell’arma da fuoco, per neutralizzare in modo rapido le vittime, non c’è utilizzo di armi bianche e soprattutto non c’è manipolazione dei corpi post-mortem. Non sto parlando di mutilazioni, ma anche di semplice spostamento dei cadaveri, non ci sono prove di contatto diretto tra il killer (o i killer) e i corpi.
Nessuna di queste opzioni pare convincere fino in fondo. A questo punto è necessario entrare nella mente del Killer delle colline fiorentine, cercando di analizzare il suo modo di pensare e di agire. Partiamo dal presupposto che il Killer fiorentino può essere definito come un Serial Killer Territoriale, ovvero un soggetto che aveva individuato un terreno di caccia, anche se molto esteso, che spaziava nella provincia di Firenze, spostandosi da nord, a sud, a sud-ovest e ad ovest, non toccando mai la zona ad est di Firenze e il comune di Firenze. Questo ci porterebbe ad escludere una trasferta lucchese del killer. In realtà però ci sono casi di assassini seriali che, nonostante abitualmente colpissero in una certa area, per vari motivi si sono trovati a colpire in città diverse, stati diversi o addirittura in continenti diversi, un esempio è dato dall’austriaco Jack Unterweger, che uccideva solitamente in Austria ma, nel corso di una trasferta lavorativa, uccise anche a Los Angeles. Quindi il fattore geografico non esclude a priori l’attribuzione del duplice delitto Riggio – Benedetti al Mostro. Anche l’aspetto temporale, ovvero il fatto che questo delitto sia avvenuto a gennaio, quindi al di fuori del classico periodo giugno – agosto, non può essere determinante per questa valutazione, visto che il delitto di Travalle del 1981 fu commesso ad ottobre. Analizziamo quindi l’aspetto psico-comportamentale con particolare riferimento all’utilizzo di armi e munizioni. Come già detto in altre circostanze, ovviamente si tratta di un parere personale, il SI era con molta probabilità un narcisista, con evidenti tratti psicopatici, che amava sentirsi al centro dell’attenzione, aspetto dimostrato anche con l’invio della busta alla Dottoressa Della Monica dopo il duplice delitto del 1985. Nonostante questo però era un soggetto che stava molto attento a non lasciare tracce dietro di sè (Componente Paranoica). Infine possiamo dire che al centro del suo agire c’era l’estrema attenzione allo schema rituale che ogni volta doveva mettere in atto, sempre e solo quello con poche variazioni sul copione, come la presenza di escissioni e l’estensione delle stesse (Componente Ossessivo - Compulsiva). Anche se lo schema di azione del killer, o dei killer, di Lucca pare perfettamente compatibile con il modus operandi del Mostro, con il vetro lato passeggero infranto e le vittime freddate rapidamente, così come potrebbero combaciare altri elementi (stabilità di relazione dei ragazzi, uccisione delle vittime prima dell’inizio del rapporto sessuale, interesse per la borsetta della ragazza), quello che fa sorgere più di un dubbio è l’utilizzo di proiettili di tipo Lapua e non Winchester con la H sul fondello, vera e propria firma del killer fiorentino. Detto che stiamo parlando di un killer narcisista, con la tendenza a sfidare gli inquirenti, colpire al di fuori della sua consueta zona avrebbe voluto dire “Non potete essere sicuri, da nessuna parte”. Ma perché portare a termine un’azione del genere tralasciando la parte più importante della sua firma, ovvero l’uso di proiettili Winchester con la H sul fondello, e sappiamo per certo che non li aveva terminati, perché li utilizzerà nei delitti di Vicchio del luglio 1984 e di Sant’Andrea in Percussina a settembre 1985. Il Mostro avrebbe fatto di tutto per essere riconosciuto.
In conclusione, in seguito a quanto analizzato, dico che molto probabilmente il duplice delitto di Lucca è da considerarsi come un atto commesso da un emulatore, un copycat killer, per dirlo in termini anglosassoni, che ha voluto commettere un delitto molto simile a quelli della serie fiorentina, fermandosi per fortuna ad una sola azione omicidiaria. In tal senso va considerato il periodo in cui il delitto è stato commesso, ad inizio 1984, in piena “fobia Mostro”. Le pagine dei giornali e i telegiornali erano monopolizzati dalla vicenda, spesso sfiorando la morbosità, e non è difficile che, in una mente già disturbata, tutto questo abbia potuto innescare un desiderio di emulazione. Dall’altra parte possiamo considerare la reazione del vero killer fiorentino, attento in modo quasi maniacale ad ogni notizia che lo riguardasse, e che colpì nel luglio 1984, a Vicchio, alzando ancora l’asticella della sua brutalità, mutilando per la prima volta anche il seno sinistro della vittima femminile, culminando poi nel duplice delitto del settembre 1985 con l’invio della busta contenente il lembo di seno (o di pube?) di Nadine Mauriot, quasi a dire in tono di sfida: “Sono stato io e solo io!”.
Condivido l'analisi, anche se sarebbe comunque interessante conoscere il motivo ufficiale degli inquirenti, che non accostarono al tempo, l'omicidio, alla serie del Mostro di Firenze.