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MOSTRO DI FIRENZE: CASO CHIUSO... O FORSE NO?

  • Alessandro Cariulo
  • 7 gen 2022
  • Tempo di lettura: 4 min

FIRENZE, 07/01/2022 - Sono finite da poco le festività natalizie. Ci siamo lasciati alle spalle un anno che, oltre alle difficoltà legate alla pandemia, ha visto portarsi via due protagonisti assoluti della vicenda Mostro di Firenze: l’ex commissario Ruggero Perugini, storico capo della SAM (Squadra Anti Mostro) e Nino Filastò, avvocato di Mario Vanni ma soprattutto uno dei più grandi conoscitori del caso. Ed è proprio in questo inizio del 2022 che da qualche giorno circola la notizia di una possibile richiesta di revisione dei processi. Si tratta di una richiesta avanzata dai legali della famiglia di Nadine Mauriot, l’ultima vittima femminile del killer, con la possibile e conseguente riapertura del caso, quasi 37 anni dopo quell’ultimo duplice delitto.


Facciamo chiarezza. Il caso Mostro di Firenze è chiuso o aperto? C’è chi dice che è chiuso, poiché ci sono sentenze definitive, passate in Cassazione, che hanno individuato come colpevoli di 4 duplici delitti Mario Vanni e Giancarlo Lotti. Pietro Pacciani non figura tra i condannati semplicemente perché al momento dei processi istituiti contro i cosiddetti “Compagni di merende”, lui era già deceduto. C’è chi dice che c’è una verità processuale, che magari non coincide con la verità storica. Detto questo cosa abbiamo: delle condanne per i delitti che vanno dal 1982 al 1985, ma nessuna condanna per quelli del 1974 e giugno e ottobre 1981. Il delitto del 1968 è un capitolo a parte, ma quello in realtà un condannato in via definitiva ce l’ha: Stefano Mele, marito della donna uccisa insieme all’amante in quella notte di fine agosto. Insomma abbiamo una serie di delitti, commessi inevitabilmente dalla stessa mano, o dalle stesse mani, e questo appare chiaro visto l’utilizzo della stessa arma da fuoco, sempre la stessa Beretta Calibro 22, e della medesima matrice esecutiva di tipo rituale (attenzione, rituale non significa automaticamente esoterica o satanica!), che però non presentano dei colpevoli assoluti. Certo, qualcuno potrà sostenere che per quei delitti rimasti senza colpevoli, non ci sono state prove concrete, trovate invece per gli altri delitti, dove c'è un testimone, un reo-confesso, che ha dichiarato di aver fatto "da palo" proprio in quei 4 episodi.


Ma cosa sta succedendo in questi ultimi mesi? Molti studiosi del caso, non tra gli investigatori o gli inquirenti, hanno iniziato ad insinuare dei dubbi, ben argomentati e approfonditi, che forse hanno smosso qualcosa anche a livello istituzionale e investigativo (vedi il sopralluogo effettuato recentemente dalla polizia scientifica centrale di Roma sulla piazzola dell’ultimo delitto, con il supporto delle tecniche più all’avanguardia). I dubbi certamente ci sono sempre stati, con i familiari delle vittime, in particolare di alcune vittime, che non hanno mai smesso di cercare la verità storica, quella che potremmo indicare come “definitiva”. Certamente un ruolo importante lo ha ricoperto, almeno a livello mediatico, il recente documentario RAI, costruito e presentato in modo eccellente. Da qui il pubblico ha potuto conoscere, in modo più dettagliato, l’origine di alcuni dei dubbi che attanagliano una parte degli esperti del caso:

- La credibilità di un testimone, su cui si è basata gran parte della condanna, molto discutibile, come Giancarlo Lotti.

- La presenza di indizi, fin dal primo processo Pacciani, ma la totale assenza di vere e proprie prove.

- La difficoltà nella ricostruzione di almeno due dei duplici delitti, su tutti quello di Baccaiano e quello di Sant’Andrea in Percussina.

- La totale incompatibilità, a livello psico-comportamentale, dell’autore dei delitti con la figura di Pietro Pacciani, o comunque dei suoi complici.


Se sui primi tre punti posso essere d’accordo, ma non posso esprimere un parere approfondito, vista la mia formazione ed esperienza in ambito psicologico e criminologico, posso dire qualcosa di più su quest’ultimo punto. Come tutti abbiamo avuto modo di sapere Pietro Pacciani è stato un uomo violento, che ha ucciso l’amante della fidanzata quando aveva appena 26 anni, violentandola subito dopo accanto al cadavere del rivale, un uomo che ha messo in atto violenze ripetute nei confronti della moglie e delle figlie, che era noto a San Casciano Val di Pesa e dintorni con il soprannome di Vampa, perché gli bastava un nulla per prendere fuoco e perdere il controllo, diventando violento e aggressivo. Era un soggetto che beveva alcolici in modo costante, un voyeur. Si tratta di un soggetto ipersessuale, che molto spesso utilizzava il sesso come strumento per sottomettere e controllare il prossimo, e che non riusciva a tenere a freno i suoi impulsi. Da quello che si può dedurre dall’analisi dei delitti, delle scene dei delitti, dei referti autoptici e tutti i dati a disposizione, possiamo dire che il killer delle colline fiorentine era una persona (o più persone?) fredda, calcolatrice, capace di gestire al meglio anche gli imprevisti più complicati, senza dubbio non un impulsivo e tantomeno un soggetto che agisce il sesso in modo attivo, bensì un iposessuale, un soggetto inibito sessualmente. Queste sono conclusioni che prevedono analisi psicologiche e comportamentali, che ci fanno ricadere nell’ambito del profiling, certamente non una certezza, come qualcuno potrebbe far notare, ma che allontanano e non poco la figura di Pietro Pacciani da quella del killer fiorentino. Certamente che anche riguardo al profiling ci sono aspetti che possono essere definiti in modo più impreciso (come l’età dell’offender, il luogo di residenza, le sue abitudini) ma ce ne sono altri che, basandosi su dati chiari e certi, evinti dall’analisi dei delitti e della scena del crimine, come spiegato poco fa, possono essere considerati più precisi. Non certi, ma molto accurati e probabili.


A questo punto, per concludere, mi vorrei auspicare che possa rimanere aperto un piccolo spiraglio per assistere a breve alla revisione dei processi, anche solo per le motivazioni appena illustrate, in particolar modo la scarsa, anzi scarsissima, attendibilità del testimone chiave, smentito più volte dai fatti, oltre ad una più dettagliata ricostruzione di alcune delle scene dei delitti che potrebbero aiutare a far comprendere meglio ciò che è accaduto. D’altro canto, rimanendo con i piedi per terra, e considerando il fatto che proprio nei mesi scorsi è stato negato l’accesso agli atti ai legali dei familiari delle vittime, credo che questa possibilità sia molto remota. Se mi chiedessero di dare una possibilità in percentuale sulla riapertura, o comunque sulla revisione del caso, ad oggi 7 gennaio 2022, non andrei oltre il 5%. La speranza è che le mie percentuali siano ribaltate al più presto. Seguiranno aggiornamenti.

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©2020 di Alessandro Cariulo Psicologo Criminologo Formatore. Creato con Wix.com

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