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IN ME LA NOTTE NON FINISCE MAI: DELITTO DI RABATTA 1974, ANALISI PSICOLOGICA - EP.5

  • Alessandro Cariulo
  • 16 mag 2020
  • Tempo di lettura: 12 min

I FATTI - 14 SETTEMBRE 1974, RABATTA DI BORGO SAN LORENZO


Sono passati sei anni da quel mercoledì di fine agosto a Signa. Siamo in località Le Fontanine di Rabatta, al confine tra il comune di Borgo San Lorenzo e quello di Vicchio. Sono passate da poco le 23.00, di un sabato di metà settembre. L’estate, dominata dai successi musicali come “E tu..” di Claudio Baglioni o “Bella senz’anima” di Riccardo Cocciante, ormai è alle spalle. Un’estate che era iniziata con la vittoria del NO al referendum per l’abrogazione del divorzio. Nell’oscurità si intravede la sagoma di una Fiat 127 blu, targata FI 598299, e parcheggiata tra i campi e le vigne nel cuore del Mugello. All’interno ci sono Pasquale Gentilcore, 19 anni, e Stefania Pettini, 18 anni. Lui è di Pontassieve, lei abita a poche centinaia di metri da lì, in località Pesciola, comune di Vicchio. I ragazzi sono fidanzati da due anni, una relazione turbolenta, che vive di alti e bassi, un rapporto che rientra nella normalità per due ragazzi che da poco hanno superato i 18 anni. La sera del 14 settembre 1974 i due fidanzati avevano deciso di vedersi: Pasquale aveva accompagnato la sorella alla discoteca “Teen Club” di Borgo San Lorenzo, luogo dove un anno prima aveva conosciuto la sua fidanzata, dandole appuntamento per mezzanotte all’uscita, poi era andato a prendere Stefania a casa sua ed avevano deciso di appartarsi, ritagliandosi un momento di intimità, in quel posto che conoscevano molto bene. Un posto frequentato da altre coppiette, anche quella stessa sera. Anche stavolta il killer è in agguato, o forse ha seguito la coppia, in ogni caso sfrutta la vegetazione o l’oscurità, magari entrambi fattori, uniti alla musica che esce dal mangianastri della 127 di Pasquale, contribuiscono a renderlo invisibile. Sa bene che quel posto è frequentato da coppiette e forse sa che è frequentato spesso proprio da quella coppia di fidanzati, da Stefania Pettini e Pasquale Gentilcore. I ragazzi parcheggiano l’auto e iniziano a spogliarsi, con il sottofondo della musica. Il ragazzo lascia il giubbotto sopra il tetto della 127, poi si toglie camicia e pantaloni, così anche la fidanzata, che si toglie camicetta e pantaloni, il tutto ripiegato e deposto da Stefania all’esterno dell’auto, come sua abitudine, sotto un albero a circa tre metri dall’auto. Il Mostro, intanto, osserva il tutto dalla sua postazione. I ragazzi sono rimasti seminudi, indossando solo gli slip. A questo punto tornano in auto, Stefania si distende sul sedile lato passeggero, reclinato, con Pasquale che le sta sopra. Iniziano uno scambio di baci ed effusioni. È questo il segnale che fa scattare il Mostro, che decide di muoversi dal suo nascondiglio, impugnando la pistola. Si avvicina all’auto dal lato destro, apre la portiera, ed inizia a sparare cinque o sei volte (un colpo raggiunge il finestrino anteriore sinistro, facendo cadere all’esterno i vetri) contro il ragazzo, colpendolo sul lato sinistro del corpo e facendolo ricadere sul sedile del guidatore. La ragazza è impaurita, tenta una fuga, ma l’unica via disponibile è quella bloccata dallo sparatore, contro cui lei va a sbattere. È qui che il Mostro colpisce Stefania in zona temporale destra, forse con il calcio della pistola, spingendola sul sedile e scaricandole contro tutti i colpi rimanenti, che però non bastano ad ucciderla. Adesso il Mostro è costretto, mentre sta tappando la bocca della ragazza con una mano, ad estrarre il coltello, usandolo per la prima volta per uccidere una delle sue vittime (undici anni più tardi, a Scopeti, succederà di nuovo), piantandolo nello sterno di Stefania. Il killer è forte e la violenza con cui colpisce la ragazza lo dimostra. A questo punto i due ragazzi sono morti, il Mostro estrae Stefania dall’abitacolo, facendola cadere a terra e la afferra per i piedi, posizionandola dietro la vettura, dove le distenderà le braccia, perpendicolari al corpo, e gli allargherà le gambe. Da sottolineare che la ragazza, a questo punto, è rimasta totalmente nuda, senza mutandine che probabilmente si sono strappate nell’azione di spostamento, esse verranno ritrovate insanguinate, facendo intendere che erano ancora indossate nel momento dell’omicidio, e divise in due lembi a circa 8 metri di distanza l’uno dall’altra.


ANALISI PSICO-COMPORTAMENTALE


È qui che dobbiamo aprire una parentesi, interessante per un’analisi psicologica del soggetto. L’attenzione che riserva alla vittima femminile è molto particolare, un’attenzione che comprende l’uso del coltello e di un elemento che ricava dall’ambiente circostante, un tralcio di vite. Non è raro che un serial killer utilizzi alcuni oggetti estranei per penetrare, in modo simbolico, le sue vittime, ma in questo caso effettua tale azione in modo peculiare.

Billy Glaze, serial killer statunitense che uccise almeno tre donne native americane, era solito inserire un ramo all’interno della vagina delle sue vittime che venivano abbandonate nude o seminude in pose degradanti e umilianti. Sedley Alley, altro assassino statunitense, uccise una delle sue vittime violentandola e lacerandole gli organi interni con un ramo lungo circa un metro, lasciato poi all’interno della vagina della vittima. Anche Stefania Pettini viene lasciata nuda e in una posa umiliante e degradante, però c’è una differenza: il ramo, molto più sottile rispetto a quelli che usavano Glaze o Alley, non era stato inserito all’interno della vagina della ragazza, ma solamente appoggiato all’ingresso. Non è forzato all’interno, non c’è simulazione di rapporto sessuale, cosa che si riscontra in molti casi analoghi (oggetto che sostituisce il pene e azione che sostituisce la penetrazione). Harvey Carignan era solito violentare le sue vittime usando un manico di martello che muoveva simulando un vero e proprio rapporto sessuale. William Smith, responsabile dell’omicidio di almeno tre giovani ragazze, prima di strangolare le sue vittime era solito violentarle e lacerare loro la vagina utilizzando corpi estranei di vario tipo. Quando si individuano oggetti negli orifizi di vittime di omicidi, in genere si tratta di oggetti molto grandi, spesso larghi, come bottiglie, bombolette spray, rami molto grandi, bastoni o, come nel caso del “Fantasma di Texarkana”, un killer che aggrediva coppiette in Texas e che rimase senza nome, anche con la canna della pistola. Anche lo Strangolatore di Boston, individuato nella persona di Albert De Salvo, era solito violentare brutalmente le sue vittime, lacerando genitali interni ed esterni, a volte con l’utilizzo di oggetti (in un caso lascerà un manico di scopa nella vagina della vittima) e lasciando le vittime in pose umilianti e degradanti prima di abbandonare la scena del crimine. Anche John Norman Collins era solito violentare le sue vittime, talvolta anche con l’utilizzo di oggetti estranei, per poi pugnalarle con violenza decine di volte e posizionarle in particolari pose. In tutti questi casi si evidenzia un alto grado di sadismo nei soggetti che mettono in atto tali comportamenti e la violenza è compiuta quando la vittima è ancora in vita. Per quanto riguarda il delitto di Stefania Pettini non ci sono elementi che possano far pensare ad una componente sadica evidente dell’aggressore, senza contare che, sia le oltre 90 punzecchiature presenti sul suo ventre, petto e addome, che il posizionamento del tralcio di vite, sono da collocare dopo la morte della vittima.


Nel caso del delitto di Rabatta si tratta di un tralcio molto fine, per di più ramificato. Il killer stacca un tralcio lungo e fine, con molte foglie, da una pianta vicina alla vittima e la posiziona in quel modo specifico e molto particolare. Non è un atto con richiamo al rapporto sessuale, bensì un elemento che il Mostro aggiunge per completare la sua scena, decorandola. Sicuramente questo per lui, per la sua fantasia e all’interno della sua mente, ha un preciso significato. Così come ha un significato il posizionamento della catenina tra le labbra della De Nuccio, il posizionamento dello stivale del Baldi all’interno dell’auto, la rivista pornografica a tema omosessuale strappata e posizionata non lontano dal furgone dei tedeschi nel 1983, il reggiseno nella mano della Rontini nel 1984, l’invio della busta dopo il delitto del 1985. Ho tralasciato il lancio delle chiavi dell’auto nel 1982 perché potrebbe essere qualcosa da attribuire alla frustrazione del momento. Sono tutti elementi che mirano a comunicare qualcosa, e che riflettono uno stato interiore del killer. Prima di lasciare la scena del crimine il Mostro compie due azioni, o meglio due serie di azioni:

- Ritorna alla macchina, spinge il corpo di Pasquale sul sedile del guidatore, facendolo appoggiare con la testa sullo sportello, e gli infligge due colpi di arma da taglio all’emitorace destro

- “Ripulisce” la scena rimuovendo ciò che ritiene caotico, ai fini della perfezione della sua fantasia, porta via la borsetta e il reggiseno della ragazza, che abbandonerà poi a poca distanza dalla scena del delitto


Un altro aspetto interessante riguarda la presenza di 96 colpi da arma da punta e taglio sul corpo della ragazza. Almeno 3 di queste sono state necessarie per causare la morte della vittima, vibrate con una maggiore forza rispetto alle altre 93 che non possono essere considerate nemmeno coltellate, ma punzecchiature come spesso si dice in riferimento a questo caso. Si tratta di ferite e/o lesioni inferte dopo la morte della vittima, non finalizzate quindi all’uccisione. Questa azione, spesso presente nel caso di omicidi seriali ma non solo, da un punto di vista criminologico, viene definita overkilling. Anche un eccesso dell’uso dell’arma da fuoco, con un numero eccessivo di colpi sparati, può essere considerato overkilling. In merito al fenomeno possiamo distinguere tra:

- Overkilling continuato -> In questo caso il killer, anche se ha già ucciso la vittima, continua nella sua azione lesiva senza arrestarsi, fino a quando la carica emotiva presente in lui non si è completamente esaurita.

- Overkilling posticipato -> A volte l’assassino può uccidere una vittima e in un secondo momento, a distanza di un certo lasso di tempo, che può variare a seconda della situazione e della psicologia del killer, infierire sul corpo provocando numerose lesioni. In questo secondo caso, in genere, la forza con cui le lesioni sono inferte è minore rispetto al caso precedente.


Senza dubbio, l’overkilling messo in atto dal Mostro a Rabatta nel settembre 1974, rientra all’interno del secondo caso, quello dell’overkilling posticipato, visto che dopo aver ucciso la ragazza, non con poche difficoltà a differenza delle altre volte, sposta il cadavere fuori dall’auto, con la testa quasi sotto il tubo di scappamento e il corpo disteso, mani larghe orizzontali e gambe divaricate, per dedicarsi ad infliggere le punzecchiature intorno ai seni, lungo l’addome, il ventre e intorno all’arco pubico, prima di posizionare il tralcio di vite. Significa aver passato almeno un minuto e mezzo ad infliggere colpi di arma bianca distribuiti come precedentemente illustrato, senza considerare lo sforzo fisico, oltre che psicologico per compiere una tale azione. Un minuto e mezzo che, unito all’azione del delitto e al posizionamento del tralcio di vite, porta il killer a perdere del tempo sulla scena, rischiando anche di essere sorpreso. Non contento il killer, prima di andarsene dalla scena colpirà il ragazzo ormai privo di vita, sempre con l’arma bianca. Stessa attenzione la rivolgerà alle vittime maschili anche a Mosciano e a Travalle, mentre a Vicchio e a Scopeti la numerosità e l’intensità delle lesioni da arma bianca sui ragazzi saranno ancora maggiori. In molti hanno ipotizzato che si comportasse così per accertarsi della morte degli uomini. Ma è davvero così o questo comportamento nasconde altro? Il Gentilcore presentava due ferite inferte post-mortem non profonde all’addome, in zona epatica; il Foggi aveva ricevuto due colpi di arma bianca al collo e una profonda all’emitorace sinistro con perforazione della milza, post-mortem o limine vitae; Il Baldi invece ne presenta in tutto quattro di ferite da arma bianca, tutte post-mortem: una sulla parte laterale sinistra del collo, tre sul dorso in regione interscapolare; lo Stefanacci presentava addirittura dieci colpi di arma da punta e taglio: all’emitorace sinistro vicino all’ascella, al fianco sinistro, vicino all’ottava costola a sinistra, in regione inguinale sinistra, alla fossa iliaca destra, all’avambraccio destro, nell’interno coscia sinistra vicino ai genitali e in regione lombare destra, tutte inferte con violenza, post-mortem o in limine vitae; infine il Kraveichvili riportò ben 13 pugnalate, di cui tre mortali all’emitorace sinistro, una alla testa, una al collo e trapassante, tre all’addome, una alla schiena, due in regione iliaca e una al braccio sinistro. A parte nell’ultimo caso, in cui il killer utilizza l’arma bianca per uccidere la vittima maschile perché aveva esaurito le munizioni, in tutti gli altri casi si tratta di ferite inferte post-mortem o in limine vitae. Zero ferite a Signa, due a Rabatta, tre a Mosciano, quattro a Travalle, dieci a Vicchio e tredici a Scopeti. Sembrerebbe una vera e propria escalation.


Ma cosa ci dice l’overkilling riguardo alla psicologia del killer? Sicuramente ci dice che quell’atto è parte integrante della sua fantasia del momento. Una fantasia che, sette anni più tardi, sarà mutata in modo molto evidente. In sette anni possono cambiare molte cose, anche e soprattutto nella psicologia di un soggetto “particolare” come il Mostro di Firenze. Ma quali elementi possono portare allo sviluppo di una tale fantasia? Nei giorni successivi al delitto di Rabatta, quando ancora il killer non aveva ottenuto il soprannome di “Mostro di Firenze” (questo avverrà dopo il delitto del giugno 1981), un giornale titola: “Il rito copiato da una porno-rivista? Un settimanale per soli uomini ha pubblicato recentemente il racconto di un delitto analogo a quello di Rabatta”. Stanno parlando di quei settimanali a fumetti accennati nel mio articolo precedente e infarciti di elementi erotici, polizieschi, con temi di violenza, sangue e delitti con tanto di mutilazioni, un genere che iniziò ad affermarsi proprio nella prima metà degli anni ’70. A tutto questo si aggiunge la diffusione di film che cavalcano un po’ lo stesso genere, e che riportano delitti di coppiette sorprese in momenti di intimità, come nel film I corpi presentano tracce di violenza carnale (Martino, 1973), oppure in Spasmo (Lenzi, 1974) dove una coppietta viene spiata in un bosco da un sadico, con il tema del maniaco che assale giovani ragazze sole, o coppiette che si individua anche in molti altri film minori. Questo tipo di cinema, che si colloca in un periodo di rivoluzione sessuale e dei ruoli fino ad allora stabilmente mantenuti e rispettati, appare come una sorta di parco giochi della fantasia per soggetti che già avevano iniziato a sviluppare perversioni, vizi, sadismi e traumi fallici, legati al minore potere della figura maschile, o a fantasmi sessuali che albergavano nelle loro menti. Sono gli anni delle leggi che consentono divorzio (1970) e aborto (1978), dei referendum per abrogare queste leggi (rispettivamente maggio 1974 e maggio 1981), gli anni in cui viene abrogato il reato di adulterio (dicembre 1968) e il delitto d'onore (agosto 1981). Tutte leggi che, in una mente dalle forti componenti maschiliste e misogine, possono avere fatto scattare qualcosa. Tornando allo specifico overkilling messo in atto dal Mostro a Rabatta ci possiamo soffermare sulla numerosità, la scarsa forza e penetrazione, la metodicità e i punti del corpo in cui sono concentrati i colpi di arma da punta e taglio che ci dicono come il killer non sia in preda ad una furia omicida incontrollabile, ma stia mettendo in atto una sua fantasia, riportandola nella realtà. Una forte componente ritualistica che, completata dal posizionamento del corpo della ragazza e dal tralcio di vite, ci fa pensare alla costruzione di uno scenario che l’assassino ri-compone per l’osservatore. Entrare nella mente e nella simbologia fantastica del soggetto ignoto non è assolutamente semplice e per il momento siamo solo all’inizio del percorso. Intanto poniamo questo tassello.


Altro aspetto da non sottovalutare, presente in questo caso ma anche in altri, è l’attenzione rivolta alle borsette delle ragazze, al cruscotto o comunque alla parte interna delle auto. Ma cosa porta via? Secondo i parenti delle vittime in alcuni casi niente, in altri invece sono stati segnalati come mancanti orecchini e ciondoli con immagini religiose o sacre, che a volte stacca dal collo delle vittime, foto o documenti. Vediamo più in dettaglio:

- Signa, 1968 -> Fruga nella borsetta della donna, nel cruscotto dell’auto e nelle tasche dell’uomo, strappa la catenina dal collo della Locci e le ricompone le vesti spostando entrambi i corpi.

- Rabatta, 1974 -> In questo caso porta via il reggiseno della ragazza, che poi abbandona poco lontano, così come la borsetta. Non verranno più ritrovati i documenti della ragazza e alcune foto che la ritraevano con il fidanzato.

- Mosciano, giugno 1981 -> Fruga nella borsetta della ragazza, riversando il contenuto sull’erba, e anche nel cruscotto dell’auto.

- Travalle, ottobre 1981 -> Fruga nella borsetta della ragazza e nel cruscotto della macchina.

- Vicchio 1984 -> Manca la catenina di Pia Rontini con un ciondolo tipo croce, la borsetta questa volta è intatta ma ci sono elementi che fanno pensare che il killer abbia maneggiato qualcosa all’interno dell’auto, forse il portafogli del ragazzo o altro. È probabile che posizioni il reggiseno nella mano della ragazza.

Non possiamo neanche escludere, anche se non ci sono riscontri ufficiali in tal senso, che il killer non abbia portato via qualcosa ai turisti tedeschi e francesi nel 1983 e nel 1985. È probabile che il Mostro porti via dalle scene dei delitti dei souvenir, che gli permettono di rivivere il momento del delitto nei giorni e nei mesi successivi, oltre ai noti trofei asportati dai corpi delle vittime, che gli danno invece un senso di potere, e non è da escludere che non vengano conservati.


Ricapitolando, questo delitto fa porre l’attenzione su alcuni elementi: la presenza di overkilling, non solo sulla vittima femminile ma anche su quella maschile; il posizionamento dei corpi; gli atti simbolici e inseriti all’interno della contorta fantasia del Mostro (vedi tralcio di vite); l’attenzione verso le borsette delle ragazze e l’interno delle auto delle vittime.

Infine un’ultima considerazione, utile per comprendere l’andamento della serie omicidiaria nel suo complesso. Solo in questo caso, fatta eccezione per i delitti del 1982 e del 1985, dove però vanno considerate le attenuanti logistiche, il killer mostra una minore freddezza rispetto a tutti gli altri attacchi e, paradossalmente, anche rispetto a quello precedente. A Signa, se si trattava della stessa persona o delle stesse persone, aveva comunque sei anni meno rispetto a Rabatta ma, mentre a Signa spara otto colpi, quattro all’uomo e quattro alla donna, a Rabatta esaurisce le munizioni senza uccidere la ragazza, dovendo ricorrere all’utilizzo del coltello. Le spiegazioni per questa anomalia potrebbero riguardare:

- Diversa mano omicida tra il 1968 e il 1974

- Diverso posizionamento delle vittime all’interno dell’auto: nel 1968 una accanto all’altra e piegata sull’altra, lasciando così “scoperti” i due bersagli, mentre nel 1974 sono una sopra l’altra, con la ragazza che appare coperta dal corpo del fidanzato

- Diversa carica psico-emotiva nel momento di eseguire il delitto, maggiore a Rabatta dove sembrerebbe più coinvolto emotivamente, minore e più distaccato a Signa


Sta a voi trarre le conclusioni. Vi do appuntamento al prossimo episodio.


Bibliografia e sitografia:

- I Serial Killer (2005), Ruben De Luca e Vincenzo Mastronardi

- Insufficienza di prove, blog di Flanz Vinci

- Archivio de La Nazione

- http://www.lazonamorta.it/lazonamorta2/?p=43268


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©2020 di Alessandro Cariulo Psicologo Criminologo Formatore. Creato con Wix.com

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