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IN ME LA NOTTE NON FINISCE MAI: GIOGOLI E L'ERRORE DEL MOSTRO... O FORSE NO? - EP.9

  • Alessandro Cariulo
  • 27 giu 2020
  • Tempo di lettura: 11 min

Prima di iniziare con l’articolo di oggi vorrei sottolineare le novità emerse nel corso di quest’ultima settimana, proprio riguardo al caso del Mostro di Firenze. Sto parlando dell’eccellente lavoro, avviato da Francesco Cappelletti e Cristina Padedda, riguardo alla comparazione tra una delle lettere anonime arrivate nel corso degli anni, quella in cui lo scrivente affermava “in me la notte non finisce mai”, frase che dà anche il titolo alla mia serie di articoli, e una ricevuta rilasciata da Salvatore Vinci e trovata in casa della Meoni, una prostituta uccisa a Firenze nel 1984. La perizia, effettuata da un’esperta grafologa, è stata depositata presso gli uffici della Procura di Firenze. Si tratta di qualcosa di davvero interessante, un qualcosa che potrebbe essere solo l’apertura verso scenari impensabili solo qualche settimana fa. Voglio dire che ci vuole assoluto rispetto per chi lavora, dedica tempo e anche soldi a questa causa, che fa di tutto per cercare di scoprire anche solo un elemento che possa in qualche modo tenere in vita le speranze di arrivare un giorno, forse, a mettere un punto a tutta questa vicenda. Non è ammissibile ascoltare e leggere critiche inutili, aggressive e offensive, e che si usino modalità e mezzi volti a screditare il lavoro di altri, senza magari non avere neanche una propria proposta da sostenere, convinti però di avere una verità in tasca che, in questo caso, nessuno ha. Non siamo a fare il tifo per una squadra di calcio, non siamo a giocare e scherzare, stiamo parlando di 16 omicidi, dietro cui ci sono 16 famiglie e decine e decine di amici e persone care. Ci vuole rispetto, solo e soltanto rispetto. E bisogna remare tutti verso la stessa direzione, tutti con un unico scopo, indipendentemente dalle proprie idee, teorie e ipotesi. E quindi, complimenti a chi, ancora oggi, mette anima e corpo per cercare di arrivare alla verità.


Anno 1983. Il mese di gennaio fu pieno di novità e progressi in ambito scientifico e tecnologico: nasce infatti a Napoli la prima bambina italiana in provetta, mentre negli USA la Apple Computer annuncia il lancio di un innovativo personal computer. Per quanto riguarda gli eventi di cronaca da ricordare ci sono senza dubbio le scomparse di due giovani ragazze romane: il 7 maggio Mirella Gregori e, 40 giorni più tardi, sempre a Roma, sparirà anche Emanuela Orlandi. Intanto a Napoli, una maxi operazione anti Camorra, coinvolge il presentatore televisivo Enzo Tortora, pienamente scagionato da ogni accusa tre anni più tardi. In Sicilia le bombe della Mafia colpiscono e uccidono il giudice Rocco Chinnici, ma ad ottobre dello stesso anno, quella organizzazione criminale, verrà colpita al cuore dagli arresti dei boss Buscetta e Badalamenti. Per quanto riguarda la situazione politica del nostro Paese, il 4 agosto 1983 viene nominato presidente del consiglio Bettino Craxi, il segretario del Partito Socialista Italiano, dando vita al governo più longevo della Prima Repubblica. Per quanto riguarda lo sport, si ricorda il ritiro dal tennis professionistico del super campione Bjorn Borg, vincitore per 5 volte consecutive del Torneo di Wimbledon. L’Italia Basket maschile si laurea campione d’Europa. Calcisticamente parlando la Roma di Bruno Conti, Pruzzo e Falcao domina il campionato di serie A e si aggiudica lo Scudetto 1982/1983, mentre in Coppa dei Campioni la Juventus viene sconfitta in finale dai tedeschi dell’Amburgo.


Sono passati circa 15 mesi dall’ultimo delitto del Mostro. È venerdì 9 settembre 1983, appena 8 giorni l’abbattimento di un aereo di linea coreano, da parte dell’URSS, mentre sorvolava un’isola nel Pacifico settentrionale. Siamo in località Giogoli di Scandicci, periferia sud-est di Firenze, a pochi chilometri dal centro città. A Villa La Sfacciata c’è una festa: musica, canti e balli fino a notte fonda. Forse avranno ballato anche sulle note di Vamos a la playa, dei Righeira, e Tropicana, cantata dal Gruppo Italiano, tormentoni di quell’estate. Davanti all’ingresso della villa, dalla parte opposta della stretta Via di Giogoli, c’è l’ingresso di un prato che dalla strada si vede a malapena, coperto da alberi e cespugli, circondato da campi di ulivi. Nel prato sosta un furgoncino Volkswagen color verde chiaro, con targa tedesca, all’interno due ragazzi tedeschi di 24 anni: Horst Meyer e Jens Uwe Rush. La mattina del 10 settembre quel furgone è ancora fermo nella piazzola, ha le due portiere della cabina di guida e lo sportello laterale destro completamente aperti, la musica che fuoriesce dall’autoradio, rimasta accesa. Tutto resterà così “congelato” fino alle 19.30 di quel sabato 10 settembre, quando Rolf Reinecke, casualmente connazionale delle vittime che abitava presso Villa La Sfacciata, scoprirà i due cadaveri. I ragazzi, che non erano in quel luogo da molto tempo, erano in visita a Firenze per ammirare le bellezze artistiche del capoluogo toscano. È possibile, ma ovviamente non certo, che il killer abbia notato i due ragazzi passando da via di Giogoli durante il giorno, magari li ha visti in atteggiamenti che potevano far pensare ad una relazione sentimentale, o magari si è trattato di una fantasia del killer stesso, e questo ha fatto scattare qualcosa in lui. Doveva intervenire in qualche modo. Inoltre era anche un’ulteriore occasione per ribadire il concetto secondo cui nessuno poteva sentirsi al sicuro, neanche due turisti in visita al capoluogo toscano. Neanche quando quello che per tutti era il Mostro, ovvero Francesco Vinci, era in carcere. Qualcuno avrebbe potuto considerare la festa nella Villa La Sfacciata come un potenziale pericolo, ma invece per il Mostro è l’occasione ideale: se colpirà nel momento in cui la festa sarà al culmine, nessuno si accorgerà di niente. Si avvicina al furgone, secondo alcune ricostruzioni dal lato destro mentre secondo altre dal lato sinistro, osserva cosa accade all’interno ed inizia a sparare. È diffusa l’ipotesi secondo cui il Mostro avrebbe scambiato uno dei due ragazzi per una donna, a causa della folta capigliatura bionda che portava, ma anche se così fosse stato, non si sarebbe reso conto una volta avvicinatosi al furgone, che proprio quel ragazzo dalla folta capigliatura bionda e a dorso nudo mancava totalmente di una caratteristica fondamentale del corpo femminile, ovvero del seno? Al momento dell’attacco i ragazzi molto probabilmente stanno per dormire, uno forse sta leggendo, hanno la radio accesa, indossano solo le mutande e sono sotto le coperte. Uwe viene raggiunto da 4 colpi, uno dei quali è risultato mortale, raggiungendo la base dell’encefalo. Horst è stato raggiunto da 3 colpi, uno dei quali ha intaccato cuore e polmone sinistro e un altro la testa in regione occipitale. Finita la prima fase di sparo il Mostro apre il portellone laterale destro del furgoncino, spara ancora un paio di colpi all’interno. Forse fruga tra le cose dei ragazzi e magari porta via anche qualcosa. Il Rush, che secondo molti è stato scambiato per una donna dal Mostro, è in posizione supina, con la schiena e la testa appoggiate ad un angolo del furgone. Il Meyer invece è prono, parzialmente coperto da dei lenzuoli e con le braccia a cingere un cuscino, su cui sono presenti tracce di sangue, dalla parte opposta del furgone rispetto all’altra vittima. A poca distanza dal furgone verrà rinvenuta una rivista pornografica intitolata Golden Gay, fatta a piccoli pezzi utilizzando un coltello, e non esposta agli agenti atmosferici. Questo è un elemento davvero fondamentale. Ponendo che sia stato il killer ad effettuare quest’azione (rivista non esposta ad eventi atmosferici, non accartocciata ma tagliata on una lama), si tratterebbe di un chiaro messaggio che lui vuole lasciare: dopo aver strappato la catenina alla Locci, aver lasciato il tralcio di vite tra le gambe della Pettini, aver effettuato l’escissione del pube delle vittime femminili e aver posizionato i corpi a Mosciano e Travalle, aver gettato le chiavi dell’auto del Mainardi a Baccaiano, ecco che adesso lascia una rivista pornografica con tematiche omosessuali fatta a pezzi sulla scena del crimine. Che i ragazzi avessero o meno una relazione omosessuale non è rilevante, quello che importa è il fatto che il Mostro fosse convinto dell’esistenza di questa relazione che lui, non solo condanna uccidendo Horst e Uwe, ma la distrugge, facendo a pezzi con il coltello quello che per lui rappresenta l’omosessualità, e tutte le oscenità rappresentate nelle pagine di quel giornalino. Qui però nessun elemento fa pensare ad un rapporto sessuale in corso tra le due vittime, al contrario di quanto accaduto fino a quel momento.


A questo punto è opportuno aprire una parentesi riguardo alle vittime scelte dal Mostro, parlando di vittimologia e non solo. È evidente come i soggetti che uccidono, i serial killer ma anche i comuni assassini spinti da un chiaro movente, tendano ad identificare una persona, o una categoria di persone, con il sentimento che essa suscita in lui (odio, amore, rabbia, gelosia, ammirazione): provo rabbia verso una persona, la identifico come fonte della mia rabbia e quindi decido di eliminarla. La vittima in questo caso diventa un corpo inanimato, un semplice contenitore di questo sentimento. Il Mostro, colpendo in modo rituale e ripetitivo, seguendo un preciso schema che prevede la scelta di vittime, situazioni e modalità, fa proprio questo.


Che tipo di vittime sceglie? A quanto ci è dato sapere, almeno in riferimento a quei delitti che possono essere uniti a formare una serie in modo chiaro, sceglie sempre una coppia. Qualcuno afferma che il suo vero obiettivo in realtà era la donna, ma se così fosse, perché non scegliere, come la maggior parte dei serial killer, donne sole eliminando così anche il rischio di ritrovarsi a dover gestire la reazione di una delle vittime? Risulta quindi evidente che sia determinante il fatto che si tratti di una coppia. E in questo specifico caso il killer si sarebbe avvicinato ad un furgoncino con targa straniera, scegliendolo come bersaglio, senza avere la certezza che al suo interno non ci fossero magari più di due persone? È stata una scelta casuale oppure non così tanto casuale?


Altra domanda a cui rispondere è: in che situazione colpisce? Il killer tende a ricercare una precisa scena, una situazione, che nello specifico è rappresentata da una coppia appartata in un luogo pubblico. Una coppia che, nella maggior parte dei casi, sta per mettere in atto un comportamento sessuale, con il killer che agisce cercando proprio di anticipare e impedire l’atto sessuale stesso. L’aspetto determinante, che lo spinge a colpire, è che in quella situazione si sia compiuto, o si stia per compiere, un atto che lui disapprova, o verso cui prova un forte risentimento (i motivi di questo risentimento saranno analizzati più avanti). Il fatto che in questo caso si tratti di una coppia formata da due uomini agli occhi del killer non cambia molto. In molti hanno sostenuto e continuano a sostenere la teoria secondo cui il Mostro avrebbe commesso un errore. Io invece non lo ritengo assolutamente un errore, e non certo perché l’assassino delle colline fiorentine fosse infallibile: a Rabatta esaurisce le munizioni ed è costretto ad uccidere la ragazza con l’arma da taglio, a Baccaiano si espone ad un rischio che per poco non si rivelò fatale per lui, a Sant’Andrea in Percussina esaurisce i colpi con il ragazzo che tenta una fuga costringendolo ad un rischioso inseguimento per ucciderlo con l’arma da taglio. Questi si possono ritenere errori di valutazione o comunque rischi a cui il killer si espone, più o meno consapevolmente. Errori che nel corso della serie cercherà poi di evitare: dopo Rabatta inizia a colpire le vittime subito in punti vitali, dopo Baccaiano (come nota giustamente Enea Oltremari) colpisce vittime in un furgone, in tenda o quando sono entrambe sui sedili posteriori dell’auto. Sono situazioni potenzialmente pericolose per la sua incolumità e libertà, dalle quali apprende qualcosa, cercando di non ripeterli nelle successive azioni. Ma l’uccisione di due uomini che ai suoi occhi, e sottolineo ai suoi occhi, appaiono come una coppia di omosessuali, secondo il mio modesto parere, può rientrare benissimo all’interno dello schema psicologico del killer. Se ci pensiamo bene, quali sono le azioni che il killer effettua nei confronti delle vittime? Toglie parti del corpo, seno sinistro e pube, alle vittime femminili; aggiunge elementi, come nel caso del tralcio di vite; colpisce con l’arma da taglio post-mortem molte delle vittime maschili. E qui cosa fa? Fa a pezzi (in un gesto che richiama il togliere delle parti alle vittime femminili) una rivista pornografica che poi dispone nelle vicinanze del furgone, aggiungendo quindi anche un elemento alla scena. Anche in questo caso l’arma da taglio assume un ruolo particolare, come se fosse un mezzo utilizzato per rappresentare simbolicamente un qualcosa che si trasforma in messaggio, stabilendo una comunicazione attraverso l’utilizzo di quell’arma.


Riassumendo possiamo dire che le caratteristiche e gli elementi che emergono da questo duplice delitto sono:

- Uccisione di due vittime maschili

- Coppia di turisti, forse anche perché la paura di quegli anni aveva portato le coppie di Firenze e dintorni a cercare alternative all’appartarsi in auto in campagna alla ricerca di qualche momento di intimità.

- Assenza di escissioni sui corpi, così come era avvenuto, per motivi diversi, a Baccaiano. Vorrei sottolineare che, a mio avviso, l’uso dell’arma da taglio per fare a pezzi la rivista, potrebbe sostituire a livello psicologico, per il killer, le escissioni.

- Presenza di un sospetto per i delitti dietro le sbarre, ovvero Francesco Vinci, come era stato ad ottobre 1981 con Spalletti. Molti avevano anche avanzato l’ipotesi che il Mostro fosse caduto in errore, colpendo due uomini, a causa della fretta per far uscire dal carcere Francesco Vinci.

- Scelta del secondo fine settimana di settembre, così come avverrà per il duplice delitto del 1985, e stessa area in cui tornerà a colpire, ancora una coppia di turisti, esattamente due anni più tardi. La distanza tra Giogoli e Sant’Andrea in Percussina è di circa 9 km. Questo è un elemento molto interessante, poiché indicherebbe che proprio in quelle zone, e in particolare attraverso quelle strade che si snodano tra le colline a sud di Firenze ma che sono strettamente collegate tra loro, il killer potrebbe aver avuto delle frequentazioni, magari anche essere di passaggio per motivi legati al proprio lavoro o a qualche hobby. Ricordiamo che la piazzola di Giogoli, così come quella di Sant’Andrea in Percussina, erano molto frequentate, anche nei giorni immediatamente precedenti ai delitti, da cercatori di funghi.

- Scena del crimine non isolata e contaminata, con una quantità di persone presenti in loco davvero eccessiva, tra questi anche molti addetti ai lavori che, molto probabilmente, in quella situazione non avrebbero dovuto starci, come si può notare anche dalla foto all'inizio dell'articolo.. Si tratta di un fatto che emerge da molte delle scene dei delitti del Mostro di Firenze, ma in questo caso in modo particolarmente evidente.

- Da questo delitto scaturì una perizia volta a determinare, in base all’ipotetico svolgimento dell’azione di sparo, l’altezza dello sparatore e che indicò il Mostro come soggetto alto almeno di 180 cm. Anche se si tratta di conclusioni da prendere con le molle, analizzato e approfondito di recente considerando anche altri elementi e dati.


Passano circa tre mesi dal duplice delitto di Giogoli. Via Giampaolo Orsini, numero 64. Poche centinaia di metri da ponte San Niccolò, alle porte del centro di Firenze. È la mattina del 14 dicembre 1983 quando Bruno Cuscito entra in casa della sorella Clelia, 37 anni, e la trova cadavere nella camera da letto. La donna, ex infermiera e dedita alla prostituzione, attività che svolgeva ricevendo i clienti nel suo appartamento, ha le gambe divaricate, indossa un paio di scaldamuscoli e una maglia sollevata fino sopra le spalle. Chi l’ha uccisa ha infierito con un’arma taglio, ferendola sul collo e sul ventre, per poi strangolarla con il filo del telefono, presumibilmente nella serata del 13 dicembre. Nel pugno stringe una ciocca di capelli strappati, castani, tagliati di recente e appartenenti ad un soggetto con gruppo sanguigno B. Ventidue mesi dopo il delitto di Giuliana Monciatti, un’altra prostituta che riceve abitualmente i clienti nel proprio appartamento viene uccisa, con i due luoghi dei delitti che distano tra loro circa 3 km. Ma non è tutto. In quegli anni, dagli anni ‘70 in poi, a Firenze e dintorni si verificano altri delitti che resteranno irrisolti. Nel maggio 1972, in un campo non distante da via Bolognese, viene rinvenuto il cadavere di Miriam Ana Escobar, ragazza di El Salvador di 19 anni, in Italia da poco e che lavorava presso una famiglia. Era stata strangolata, forse per mezzo di un foulard, priva di scarpe ma senza segni di violenza sessuale. Nel gennaio 1980 invece, al Parco delle Cascine, era stato ucciso con violenti colpi inferti con una grande pietra, Giuseppe Cavallaro, pensionato di 69 anni che era solito frequentare il parco fiorentino al calar delle tenebre. Quelle tenebre che, proprio in quegli anni, avvolgevano Firenze e tutta la sua provincia. Non solo omicidi di coppie, ma anche di prostitute, giovani donne e voyeur. Le scene dei delitti non sono solo campi, boschi e colline intorno a Firenze, ma anche appartamenti cittadini, le Cascine e, come vedremo, le zone tra la via Bolognese e Fiesole. Punti ed elementi su cui riflettere, che descrivono il quadro psico-sociale e culturale in cui inserire la vicenda e i delitti delle colline fiorentine.

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©2020 di Alessandro Cariulo Psicologo Criminologo Formatore. Creato con Wix.com

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