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IN ME LA NOTTE NON FINISCE MAI: GIUGNO 1981, LA PRIMA MUTILAZIONE - EP.6

  • Alessandro Cariulo
  • 23 mag 2020
  • Tempo di lettura: 15 min

È il 6 giugno 1981, un caldo sabato sera a cavallo tra la primavera e l’estate. Siamo nei dintorni di Scandicci. Siamo alle porte dell’estate, quella stessa estate che sarà ricordata, anche a distanza di molti anni, per successi musicali come “Chi fermerà la musica” de I Pooh e “Siamo solo noi” di Vasco Rossi. Giovanni Foggi, 30 anni, di Pontassieve come il Gentilcore, e Carmela De Nuccio, 21 anni, sono fidanzati da poco ma nonostante questo stanno già pensando al matrimonio. Dopo aver cenato a casa della famiglia De Nuccio in zona Ponte a Greve, si congedano dai familiari dicendo che sarebbero andati a prendere un gelato. In realtà sono diretti a Mosciano, dove altre volte si sono appartati in auto, in cerca di qualche minuto di intimità. Dopo aver sorpassato la discoteca Anastasia, da dove forse si potevano sentire le note di canzoni come “Enola Gay” degli OMD, e aver percorso un stradina stretta ed in salita, la Fiat Ritmo color rame di Giovanni imbocca uno sterrato, andando a parcheggiarsi all’intersezione con altre due stradine, in mezzo ai campi. Ancora una volta, come nel 1974, non lontano da una discoteca frequentata da giovanissimi, anche se, come sette anni prima, non ci sono conferme che i ragazzi fossero passati dalle sale da ballo, anzi ci sarebbero conferme sul contrario. La macchina del Foggi si ferma leggermente in obliquo, a pochi metri da un cipresso. A questo punto Giovanni spegne la macchina, inserisce il freno a mano, e i due ragazzi iniziano a baciarsi spogliarsi, si tolgono le scarpe e le ripongono sul tappetino lato guidatore, tra i pedali e il sedile. Il ragazzo si sgancia i pantaloni e sfila la gamba sinistra dagli stessi. Intanto anche la ragazza inizia a sbottonarsi la camicetta. I due si avvicinano, iniziando ad amoreggiare. Giovanni non riesce a contenere la sua eccitazione, tanto che il pene in erezione fuoriesce dagli slip, con il glande che rimane incastrato all’altezza dell’elastico. È a questo punto che il Mostro, rimasto nascosto fino a quel momento, decide di avvicinarsi rapidamente all’auto, dal lato sinistro, impugnando la pistola. Questa volta, a differenza di quanto accaduto a Rabatta sette anni prima, si avvicina moltissimo alle vittime, non apre lo sportello come aveva fatto a Signa e a Rabatta, ma spara attraverso il finestrino infrangendolo. Un’azione molto silenziosa, sia per quanto riguarda l’appostamento che per quanto riguarda l’aggressione. La fase di osservazione della scena non deve quindi essere interpretata in senso voyeuristico, cioè osservazione che alimenta l’eccitazione sessuale e si associa ad essa, bensì come studio del momento più opportuno per colpire, a differenza di quanto fatto a Rabatta, proprio nel momento in cui i ragazzi sono impegnati in reciproche effusioni amorose, abbassando così l’attenzione verso gli stimoli esterni. C’è chi ipotizza, in modo assolutamente legittimo, che almeno in questo caso il killer possa essersi avvicinato all’auto vestito con una divisa (non per forza della polizia vera e propria) che, complice anche l’assenza totale di luce, possa aver indotto i ragazzi a pensare ad un controllo da parte delle forze dell’ordine, limitando così una loro eventuale reazione di fuga. Questo potrebbe anche spiegare lo sconvolgimento e la reticenza di un soggetto come Vincenzo Spalletti, voyeur che frequentava la zona e che verrà arrestato nei giorni successivi al delitto dopo aver raccontato alla moglie di aver visto due ragazzi uccisi prima che la notizia uscisse sui giornali. Gli spari, sempre in rapida successione, sorprendono il ragazzo, primo obiettivo del Mostro, che viene colpito sul lato sinistro della nuca e nella parte sinistra del torace, lasciando segni di affumicatura sulla camicia, facendo così ipotizzare una distanza di sparo estremamente ridotta. La ragazza intanto accenna una reazione, impaurita dai colpi che hanno raggiunto il compagno. Prova a proteggersi facendosi scudo con gli avambracci, volgendo poi il dorso al killer e tentando di uscire dallo sportello lato passeggero, con le tracce di sangue sulla parte interna dello sportello a supportare questa ricostruzione. Il killer però, freddo e implacabile come dimostrerà nei successivi 5 anni, inserisce il braccio e l’arma all’interno dell’abitacolo passando dal finestrino infranto e le spara alla schiena, in zona sottoscapolare sinistra, raggiungendo il polmone sinistro, il cuore e il polmone destro, arrestandosi in zona mammaria destra. A questo punto inizia la seconda fase dell’omicidio. Gira intorno all’auto, arriva sul lato destro, apre lo sportello ed estrae la ragazza. Non la trascina, secondo la ricostruzione della polizia scientifica, ma la carica sulle spalle e la porta in un campo a circa 13 metri dalla vettura, un metro e mezzo sotto la strada, molti hanno affermato che questa azione sarebbe servita al Mostro per operare in tranquillità, senza il rischio di essere visto da eventuali auto che transitavano sulla strada principale. Qui ci sono dei dubbi però, visto che il poliziotto che rinvenne i corpi la mattina successiva mentre passeggiava tra i campi con il figlioletto, dichiara di aver notato chiaramente l’erba schiacciata, come a segnare il percorso della vittima trascinata. In tal senso, per risolvere ogni dubbio, sarebbe interessante capire lo stato dei vestiti della vittima che, se fosse stata trascinata su un terreno non certo liscio e regolare, avrebbero dovuto presentare senza dubbio escoriazioni. Se ci pensiamo bene, prendere sulle spalle una ragazza e trasportarla per oltre 10 metri, o anche trascinarla, in un luogo frequentato da coppiette, ma anche e soprattutto da guardoni, non avrebbe esposto il killer, come effettivamente è successo molto probabilmente con Spalletti, ad un maggior rischio di essere visto? La spiegazione sta tutta nel bisogno di ricreare una scena, determinante e centrale nella fantasia del killer. Una scena che, ad avviso di chi scrive, ha cercato di ricreare a Signa, a Rabatta e cercherà di ricostruire in tutti gli altri episodi da qui fino al 1985. Adagiata quindi la De Nuccio con la testa in direzione dell’ingresso della piazzola, e parallela rispetto al viottolo sterrato, l’assassino estrae il coltello, accende una torcia, magari posta sulla testa o a terra, e apre i jeans e gli slip della giovane senza toccare la pelle sottostante e mettendo a nudo il pube. Per molto tempo questa modalità è stata considerata come la dimostrazione che l’uomo responsabile di questi delitti evitasse il contatto con i corpi femminili, anche se in realtà abbiamo appena detto che ha preso sulle spalle poco prima il corpo della De Nuccio, o comunque l’ha trascinata, quindi l’ha inevitabilmente toccata. Sarebbe invece interessante considerare il fatto che sfilare pantaloni e slip alla ragazza sarebbe stato più complicato, facendogli anche perdere tempo, oltre a non consentirgli la disposizione ottimale delle gambe della vittima, al fine di escindere la zona pubica. In questo delitto, per la prima volta, si dedica all’asportazione del pube, con incisione di inizio ad ore 10 di un ipotetico quadrante di orologio posto sul pube stesso, “l’omicida asporterà la ragione pubica per un’ampia zona ovalare con asse longitudinale di 16 cm e trasversale di 10 cm. I margini appaiono molto netti, non infiltrati, con una sola incisura a lembo dalle ore 10 con lievi irregolarità solo nel tratto compreso tra le ore 6 e le ore 7. La lesione ha una profondità di circa 5 cm con fondo modicamente regolare. In conclusione risultano asportati la cute ed i peli della regione pubica fino alle grandi labbra, risparmiate in larga misura”. Questo schema si ripeterà, con piccole modifiche, in altri tre casi da quel momento fino al settembre 1985. Una volta effettuata l’escissione il killer, mette la catenina della De Nuccio tra le sue labbra, poi con il feticcio riposto all’interno di un apposito contenitore, fa ritorno all’auto, infligge tre colpi con l’arma da taglio all’uomo, due al collo ed una all’emitorace sinistro con interessamento della milza, chiude lo sportello lato passeggero e lascia la scena del crimine, dopo aver vuotato il contenuto della borsetta della ragazza. Non è da escludere che anche qui, come aveva fatto a Rabatta e forse a Signa, porti via qualcosa che ha trovato all’interno della borsetta, anche qualcosa di insignificante ai più, ma che a lui può servire per rivivere il momento dell’omicidio.


In questo caso si pongono alcuni problemi. Intanto: il killer segue le sue vittime o si apposta sulle piazzole? Gira per una certa zona in cerca di auto appartate e quando ne individua una colpisce, oppure ha uno schema più definito? E soprattutto, come riesce a scegliere con precisione il momento in cui colpire, ovvero sempre prima che i ragazzi inizino il rapporto sessuale vero e proprio? Innanzi tutto dobbiamo dire che, fatta eccezione per Signa, dove la coppia è formata da due amanti al primo appuntamento, e per le coppie dei turisti, l’assassino sceglie sempre coppie giovani, consolidate, spesso prossime al matrimonio o alla convivenza. Non colpisce mai coppie occasionali, coppie al primo appuntamento o appartate dopo una serata in discoteca. Qualcuno ha ipotizzato che fosse dotato di una strumentazione che gli consentisse di tenere d’occhio la situazione da una certa distanza, strumentazioni di un certo tipo, allora diffuse nel mondo dei voyeur, più comunemente chiamati guardoni. E non è un caso che, proprio questo delitto, porti all’attenzione questo particolare mondo, rimasto fino ad allora nascosto nell’oscurità. Quelle del Mostro sembrano delle vere e proprie azioni militari, dei blitz in piena regola: dall’appostamento, con l’avvicinamento all’obiettivo, fino alla modalità di azione mirata ad eliminare con l’arma da fuoco le vittime potenzialmente pericolose (uso dell’arma da fuoco che caratterizza quasi tutti i casi di omicidi seriali commessi ai danni di coppie, in auto o in luogo chiuso), la metodicità delle azioni anche successive, la tempestività con cui piomba sulle scene, colpisce e le abbandona, senza tenere conto dell’estremo controllo che cerca di avere, e che spesso ha, delle scene del crimine, con tanto di conoscenza delle vie di accesso e di fuga. Non si può non notare come tutti questi elementi possano far pensare, oltre ad un soggetto che conosce molto bene quei luoghi e sa muoversi con facilità di notte in zone di campagna a visibilità zero, anche ad un soggetto con una preparazione di tipo militare o paramilitare. Si tratta di un soggetto che dimostra una capacità buona nell’uso dell’arma da fuoco, quanto meno nel colpire, a differenza di Rabatta, in punti vitali. Non parliamo di ottime capacità perché dobbiamo considerare la breve distanza da cui spara, oltre al fatto che le vittime sono chiuse all’interno di un veicolo e in un momento in cui la loro l’attenzione verso l’ambiente circostante è ridotta. Ha certamente imparato dall’esperienza (o dalle esperienze) precedente, e inizia a sparare attraverso il finestrino dell’auto, per non allertare le vittime inducendole ad una reazione. Ha una capacità nell’uso dell’arma da taglio che possiamo definire molto buona, vista la rapidità con cui escinde il pube della ragazza, praticando tre tagli netti, in condizioni di luminosità ridotta (forse ha un’illuminazione sulla testa, come affermava il professor Bruno, una di quelle luci usate dagli otorini o dagli artigiani) e di piano del terreno non ottimale. Ha anche un’ottima capacità pratica, visto che, constatata la difficoltà nello sfilare i jeans alla ragazza, le taglia cintura, jeans e slip con l’arma da taglio, riducendo così enormemente il tempo di azione, senza intaccare minimamente la pelle sottostante. Ha un’insensibilità alla vista del sangue e al maneggiare cadaveri o parti di essi, una cosa che non è da tutti, unita ad una totale assenza di stress e ansia, che poi dimostrerà maggiormente nei delitti successivi. Sembra che nulla possa spaventarlo, tutto questo stando però sempre molto attento a non essere visto o scoperto. Si tratta di un quadro comportamentale, che sarà confermato ed evidenziato in tutta la serie delittuosa, che mi porta ad escludere la presenza nel soggetto di un disturbo psicopatologico di tale gravità da ridurre o annullare la sua capacità di intendere e volere, da intaccare il suo rapporto con la realtà, un disturbo di tipo psicotico, con tanto di allucinazioni, deliri, alterazione del senso di realtà. Anche se in alcuni casi le sue fantasie si fondono con la realtà, lui sa bene dove sta il confine, e sa bene quando e come superarlo. Riesce a controllare le sue fantasie, tanto da arrivare a colpire una sola volta all’anno dal 1982 al 1985, sempre nel periodo compreso tra giugno e settembre.


Ma cosa fa il killer a Mosciano? Per la prima volta escinde il pube della ragazza. In molti si sono chiesti e continuano a chiedersi, cosa ne fa delle parti escisse? Ovviamente una risposta certa non possiamo averla, ma possiamo cercare di avanzare lo stesso qualche ipotesi, in base a casi di serial killer che asportavano parti delle loro vittime, sono stati catturati, hanno confessato e hanno dato delle spiegazioni.

Nella storia degli omicidi seriali ci sono diversi casi di mutilazioni, da parte dell’assassino nei confronti delle sue vittime, mutilazioni di parti che possono ricondurre ad aspetti sessuali (genitali, seni, capezzoli) o anche altre parti (testa, mani, piedi, occhi, denti, lingua, dita, capelli e peli, organi interni, pelle) e a volte anche un po’ tutto insieme, dei mutilatori totali. Nel nostro caso si tratta di mutilazioni molto specifiche: il pube, o meglio la parte cutanea, la zona ricoperta dai peli pubici per intendersi, un tipo di mutilazione molto raro a livello di casistica mondiale, e il seno sinistro. Ci sono stati i casi di Jeffrey Dahmer, il Cannibale di Milwaukee, che uccise 17 ragazzi a cui era solito asportate genitali, scalpo e altre parti che poi conservava, spesso con la formaldeide, e a volte ne mangiava alcune parti, per fare in modo che la vittima rimanesse sempre con lui e non lo abbandonasse più. Una volta arrestato dichiarò che i feticci erano conservati anche per ricordare il momento del delitto. Arthur Shawcross, un altro serial killer statunitense, era solito uccidere prostitute a cui poi mordeva e mutilava i genitali che, secondo le sue dichiarazioni, aveva anche mangiato in alcuni casi. Edward Gein, il Macellaio di Painfield, oltre a disseppellire cadaveri uccise alcune donne, ed era solito asportate parti di pelle delle sue vittime, per creare un vestito di pelle umana da donna che poi indossava simulando di avere un corpo femminile, ma era interessato anche a mummificare molte altre parti dei corpi che poi disseminava come soprammobili o utensili in giro per tutta la sua casa. Anche il gruppo di assassini pseudo – satanisti noto con il soprannome di Squartatori di Chicago, che erano soliti uccidere giovani ragazze, spesso prostitute, asportavano proprio il seno sinistro delle loro vittime per consumarlo in rituali fai da te in una sorta di comunione satanica. Joe Metheny, Otto Stephen Wilson, Gregory Davis erano soliti mutilare o asportare vagina e seni delle loro vittime dopo averle uccise, mentre Neville Heath, Gordon Frederick Cummins e George Putt preferivano torturare le vittime e mutilarne i genitali quando erano ancora in vita. Anche Andrej Chickatilo, il Mostro di Rostov, era solito mutilare il corpo femminile estesamente, con particolare attenzione a seni e capezzoli. Cannibalismo, feticismo, sadismo, ma c’è anche altro. A volte le mutilazioni, anche dei genitali, possono essere determinate da una voglia di vendetta dell’assassino che, in questi casi, difficilmente conserverà le parti asportate: William MacDonald, noto come il mutilatore di Sidney, asportava genitali degli uomini che uccideva, per vendicarsi di uno stupro subito nell’esercito, ma poi se ne liberava; Michael Lupo, che strangolava uomini per poi mutilarne lingua e genitali, cercando di vendicarsi di essere stato contagiato da Aids; Lucian Staniak, che mutilava donne che assomigliavano fisicamente alla donna che molti anni prima aveva causato un incidente stradale che portò alla morte di tutti i componenti del suo nucleo familiare.


Adesso è il momento di fare una piccola precisazione. In molti hanno affermato che il Mostro era un Lust Murderer, ovvero un assassino lussurioso, che appaga il suo piacere sessuale soltanto uccidendo e mutilando le sue vittime. Per molti dei casi sopra riportati questo è vero, senza ombra di dubbio. Ma nel caso del Mostro ci sono alcuni particolari che non tornano: intanto la modalità con cui mutila le vittime presenta un’estrema freddezza, sono quasi effettuate in modo distaccato da un punto di vista emotivo, cosa che non accade per i killer lussuriosi, inoltre va sottolineata la metodicità con cui lui colpisce, quasi una volta all’anno dal 1981 al 1985, non intensificando la serie con il passare del tempo, cosa che caratterizza questi assassini. Infine, cosa fa quando non può effettuare mutilazioni, nel 1982 e nel 1983, dopo che nel 1981 le aveva effettuate e lo stesso farà nel 1984 e nel 1985? Ci sarebbe da aspettarsi un comportamento simile a Jack lo Squartatore che, disturbato nel compimento di un delitto, si trovò a colpire due vittime nella stessa notte per effettuare le sue mutilazioni, ma questo per il Mostro non accade. E allora viene da pensare che possa essere appagato da altro: nel 1982 colpisce due ragazzi che si sono appartati in prossimità di una strada provinciale, lanciando a tutti un messaggio del tipo “nessuno è al sicuro”, mentre nel 1983 colpisce due uomini in un furgone che, secondo la sua idea, erano omosessuali, lasciando poi vicino alla vettura dei tedeschi un elemento interessante che poi affronteremo in seguito. Lui è gratificato anche se non effettua le escissioni, non sono centrali per lui. Magari lo identificano, come se fosse un marchio di terrore che possa far capire a tutti cosa è capace di fare. Va detto anche che le mutilazioni del Mostro presentano una particolarità, se paragonate ad altri casi in giro per il mondo: lui asporta la parte cutanea, a una porzione di quella sottocutanea, del pube mentre altri suoi “colleghi” tendono ad andare più in profondità, lacerano e distruggono quella zona, talvolta asportando genitali interni.

Ma quindi, il Mostro di Firenze, conservava i suoi feticci oppure no? Ovviamente, non avendo la possibilità di chiedere al diretto interessato le motivazioni di tali gesti, dobbiamo cercare di avanzare alcune ipotesi basandoci sui dati che si possono avere in riferimento al tipo di asportazione, in base a quanto riportato dai periti in questo ambito, e cercando di interpretare il tutto da un punto di vista psicologico e comportamentale.

Ecco alcune parti estratte dalla perizia De Fazio del 1984 e riportati dalla difesa di Mario Vanni durane il dibattimento del 25 Maggio 1997: In merito alle ferite inferte alla donna nell'omicidio di Borgo del 1974-pag.26: "Buona disposizione simmetrica di quelle inferte a livello del pube che sembrano delineare un area pressoché simile a quella corrispondente alle mutilazioni inferte nei successivi casi... si sottolinea in particolare la ferita del lato dx del pube perché ubicata a ore 10, in posizione analoga all'incisura che comparirà in tutti e tre i casi di asportazione occorsi successivamente" I rilievi peritali sembrano quindi suggerire che già nel 1974 il maniaco abbia potuto idealizzare le successive mutilazioni senza però ancora averne la capacità tecnica, o la necessità psicologica. In riferimento alle escissioni operate nel delitto di Calenzano: "l'escissione comincia sul margine laterale dx a ore 10, con un intaccatura superficiale simile a quella del margine precedente. I margini sono netti e non infiltrati... l'escissione dei tessuti pubici e perineali è eseguita anche questa volta con buona tecnica e la lesione presenta evidenti analogie con quella relativa al caso precedente (di Scandicci ). In entrambi i casi i margini sono netti e precisi ed è riscontrabile una stessa incisura sul margine destro del pube nella stessa posizione ad ore 10. L'area escissa e' però questa volta decisamente più estesa, fino ai tessuti perineali, mentre negli altri due casi, quello precedente del giugno 81 e quello successivo del Luglio 84, essa e'limitata alla regione pubica con parziale (1981) o totale (1984), rispetto delle grandi labbra. Da sottolineare che una così vasta escissione ha comportato problemi tecnici rilevanti, il ritorno (1984) alla prima modalità potrebbe essere correlata ad essi o ai problemi di conservazione e/o utilizzazione di una parte anatomica più grande, più regolare, più ricca di tessuto adiposo... a parte ciò le predette lesioni segnalano una tecnica sicura ed omogenea. Il taglio appare molto netto come se fosse stato effettuato con una lama molto tagliente, e con fredda decisione da parte di un soggetto pratico e che usa uno strumento molto affilato, posto in essere probabilmente da un destrimane come si evince dalla costante presenza di un incisura al terzo superiore del margine pubico destro, probabilmente sede di partenza del taglio, ad ore 10." Questa sostanziale uniformità esecutiva apparve sorprendente, anche in base al tentativo sperimentale di riprodurla con un numero significativo di volontari: "una verifica sperimentale si e' ottenuta utilizzando un campione di 20 soggetti opportunamente selezionati anche in riferimento all'esperienza, o meno, di pratiche settorie, nei confronti dei quali e' stata dimostrata una costante e significativa difformità d'esecuzione dei tagli." Si conclude quindi che: "si tratta di un soggetto abile nell'uso dello strumento da punta e taglio ma non necessariamente esperto di tecniche settorie o chirurgiche." Dalla seconda perizia effettuata dal team del Professor De Fazio, dopo il delitto del 1985, emerge che: "...(si suppone) una costante ed uniforme modalita' di azione, e l'impiego di uno stesso strumento tagliente, e identico, ad opera di una stessa persona, tra un episodio lesivo e l'altro. Tutto questo e' documentato dall'analisi computerizzata d'immagini." Nel dibattimento del 1994 il perito Pierini, facente parte del team De Fazio, spiega l'analisi computerizzata in merito alla tecnica di escissione: “Le 4 escissioni furono analizzate normalizzando le diverse caratteristiche anatomiche delle vittime attraverso punti di raffronto localizzati alla radice delle cosce e all'ombelico. Dopo aver parametrizzato le foto e averle convertite a 256 toni di grigio si passò all'elaborazione di confronto da cui emerse una costante regione ellittica sovrapponibile tra tutti i reperti sia per area che per perimetro, ad eccezione del caso 2 (delitto di Calenzano) che comunque mostrava un ellissoide con lo stesso rapporto tra semi asse maggiore e minore degli altri casi. Si intraprese un’analisi anche per saggiare le differenze di profondità di taglio calcolata attraverso il livello di luminosità secondo la riflettanza diversa dei tessuti. Sorprendentemente questo parametro risultò costante in tutti e 4 i casi. La stessa comparazione di immagini evidenziò incontrovertibilmente anche la sovrapponibilità delle incisure di partenza del taglio che non solo avevano la stessa topologia (a ore 11) ma anche le stesse dimensioni (l'incisura corrisponde a dove la lama parte e torna a fine escissione ovviamente con uno sfasamento che produce sul margine della ferita un lembo triangolare caratteristico).”

Da queste perizie, e stando ai dati che ricaviamo esclusivamente da queste, possiamo pensare che il Mostro probabilmente conservasse le parti escisse. Ma cosa ci faceva? È possibile che avessero la stessa funzione che ha la testa del cervo esposta dal cacciatore nel suo salotto. Un trofeo, che gli ricordava quanto fosse stato bravo e capace. Per rievocare però i momenti dei delitti, con la funzione di souvenir, molto probabilmente portava via qualche piccolo oggetto appartenuto alle vittime. Come anticipato nei precedenti episodi, non è da escludere un’influenza, per quanto riguarda tale fantasia, ricevuta da letture del tipo di Attualità Gialla, dove questi delitti e queste mutilazioni erano all’ordine del giorno, o alla visione di film come Maniac, uscito negli USA nel 1980 e proiettato in Italia nell’ottobre 1981, come vedremo nel prossimo episodio in giorni molto particolari. Può aver influito anche solo la visione di un trailer che, secondo quanto riportato dall’avvocato Filastò, venne riproposto in modo ossessivo in televisione proprio prima di quell’estate 1981. Il film in questione parlava di Frank Zito, un uomo di mezza età che abita in uno scantinato a New York e che la notte uccide donne sole e coppie appartate in auto, asportando poi lo scalpo, quindi il cuoio capelluto, delle donne che poi applica sui manichini che riempiono il suo appartamento. Una storia che induce a pensare ad alcune analogie con il killer fiorentino.


Bibliografia e sitografia:

  • I Serial Killer, Ruben De Luca e Vincenzo Mastronardi

  • L'Uomo dietro di Mostro, Enea Oltremari da Insufficienza di prove

  • Storia delle merdende infami, Nino Filastò

  • Insufficienza di prove, blog di Flanz Vinci

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