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IN ME LA NOTTE NON FINISCE MAI: I MISTERI DI BACCAIANO - EP.8

  • Alessandro Cariulo
  • 19 giu 2020
  • Tempo di lettura: 11 min

Aggiornamento: 21 giu 2020


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Buonasera a tutti, mi scuso per il ritardo nella pubblicazione di questa puntata, a distanza di quasi un mese dalla precedente. Purtroppo, o per fortuna, gli impegni non mi hanno permesso di essere più rapido. Non pubblico casualmente oggi l’episodio relativo al duplice omicidio di Baccaiano. Infatti ricorre proprio oggi il 38esimo anniversario di quell’atroce delitto. Oggi, come ogni giorno in realtà, il mio pensiero va alle famiglie e agli amici non solo di Paolo e Antonella, ma di tutte quelle sedici vittime uccise in modo così brutale e terrificante. Vorrei infine ringraziare Luca Scuffio Diprato, Enea Oltremari, Flanz Vinci e Giuseppe Di Bernardo, per i loro stupendi lavori e contributi su questo delitto, un delitto molto controverso soprattutto per quanto riguarda la dinamica. Insomma, buona lettura.


12 febbraio 1982. Un freddo venerdì invernale. Firenze è scossa da un altro atroce delitto. Stavolta non si tratta di due ragazzi uccisi in auto nel mezzo ai campi tra le colline toscane. La vittima è Giuliana Monciatti, 41 anni, prostituta che riceve i suoi clienti nel suo appartamento di Via Del Moro 27, a Firenze, ed è proprio qui che viene trovata cadavere dall’amica con cui condivideva l’abitazione. La donna, raggiunta da diciassette coltellate, è distesa supina sul pavimento della camera da letto, ha le gambe divaricate ed è parzialmente nascosta dalle coperte del letto. Indossa un maglione e dei pantaloni parzialmente abbassati e squarciati che lasciano scoperta la zona pubica. Prima di andarsene l’assassino ha preso una borsa della donna, senza che però all’interno vi fosse nulla di valore. Un omicidio brutale, violento, che rimarrà irrisolto, così come molti altri delitti commessi a Firenze negli anni ’80 che vedranno tra le vittime prostitute che ricevevano in casa i propri clienti, omosessuali, guardoni e tossicodipendenti. Tutti delitti che, attualmente, rimangono senza colpevole. Firenze, una città che generalmente presenta un tasso di omicidi molto basso, che in un anno non supera i cinque casi, tra gli anni ’70, ’80 e gli inizi degli anni ’90 subì un’evidente e inspiegabile impennata. Non solo il Mostro che uccide le coppie appartate in auto in campagna, ma un altro Mostro o altri Mostri che uccidono anche in città, o forse no?


Ma facciamo un salto di circa quattro mesi. Siamo all’inizio dell’estate. Di nuovo giugno. Ancora una volta sabato, è la sera 19 giugno 1982. Si giocano i mondiali di Spagna 1982, quelli che vedranno trionfare l’Italia di Paolo Rossi e del capitano viola Giancarlo Antognoni. Quella sera si affrontano URSS e Nuova Zelanda, certamente non una delle partite più entusiasmanti della competizione. Stavolta ci troviamo a Baccaiano di Montespertoli, lungo la strada provinciale, chiamata via Virginio Nuova, che collega il paese a Fornacette, nella zona sud-ovest della provincia di Firenze. È un sabato sera estivo e, come accade spesso nei paesini di campagna, si coglie l’occasione per organizzare qualche festa e stare all’aperto, cercando un minimo di refrigerio nella leggera brezza serale. Paolo Mainardi, 22 anni e meccanico a San Casciano, e Antonella Migliorini, 19 anni, sono due giovani fidanzati della zona, chiamati dagli amici Vinavil perché stanno sempre insieme, come se fossero attaccati con la colla. Hanno in programma il matrimonio e hanno già opzionato una casa dove andare ad abitare insieme. Quella sera, come avviene spesso, hanno deciso di appartarsi prima di fare ritorno nelle loro rispettive case. Come accade ormai da un po’ di tempo però, Paolo e Antonella, hanno scelto di appartarsi in uno spiazzo proprio a ridosso della strada provinciale. La paura è ormai diffusa tra i giovani fiorentini, toscani e non solo. Ma Antonella ha davvero tantissima paura, e parla spesso dei delitti del Mostro con Paolo, con i familiari e con gli amici, la sua è diventata una vera e propria ossessione. La Seat azzurro chiaro del ragazzo è posizionata, ad occupare il piccolo spazio, con la parte posteriore quasi a contatto con la carreggiata della strada principale. I ragazzi all’interno, forse sono in una fase di vestizione, avendo già concluso un qualche tipo di rapporto sessuale, come si potrebbe dedurre dal ritrovamento, all’interno dell’auto, di un preservativo usato e annodato, anche se non sarà possibile sapere con certezza se fosse da ricondurre a quella sera del 19 giugno, oppure a giorni precedenti. Ipotizzando che i ragazzi si stessero rivestendo, possiamo dire che il Mostro, questa volta, è arrivato tardi. Forse era alla ricerca delle vittime adatte. Forse aveva già visto, in precedenti giri di ricognizione avvenuti in sere precedenti, quella Seat parcheggiata a ridosso della strada e, magari in un primo momento, aveva ritenuto la pozione come troppo pericolosa. Fatto sta che, quella sera, decide di alzare la posta in gioco e colpire anche in una condizione di alto rischio per lui. O meglio, cambiando prospettiva, in una condizione in cui le vittime si consideravano al sicuro. Il suo obiettivo è lanciare un messaggio chiaro: “Nessuno può essere al sicuro, in nessun luogo!”. Attenzione, stiamo parlando di un soggetto che studia molto bene tempi e luoghi in cui agire, non si lascia prendere dall’impulso omicida irresistibile, tanto da stare senza uccidere per sei e anche sette anni, per poi iniziare con una precisa cadenza annuale. È quindi chiaro che il Mostro avesse in precedenza studiato le zone nei pressi di Baccaiano, individuando anche il luogo più opportuno per nascondere il suo veicolo e raggiungere rapidamente le piazzole designate. Ecco allora che quella sera decide di colpire, rendendosi conto che non avrà altre occasioni per farlo, perché deve ritagliarsi questi momenti in giorni in cui sa di non destare sospetti nelle persone che vivono con lui (genitori, altri familiari, moglie e figli). Siamo quindi a pochi metri, per non dire centimetri, da una strada trafficata, di sabato sera, con una festa di paese a pochi chilometri. Tre ragazzi che transitano in auto lungo la provinciale intorno alle 23.45, da Baccaiano in direzione Fornacette, notano la 127 ferma nello spiazzo, con la luce interna accesa. Questo è forse l’unico tra gli otto casi in cui l’orario della morte delle vittime può essere individuato con uno scarto di minuti. Il Mostro, intorno alle 23.45, entra in azione, si avvicina alla macchina passando da dietro e come di suo solito si avvicina al finestrino lato guidatore, iniziando a sparare. Per quanto riguarda la dinamica, rimando a lavori più approfonditi, dai quali ho attinto molte informazioni, tra cui “L’Uomo dietro il Mostro”, di Enea Oltremari, che trovate su Insufficienza di prove, il blog di Flanz Vinci, l’ottimo lavoro dell’amico Luca Scuffio Di Prato, che potete ascoltare su YouTube, all’interno degli incontri sul blog “Occhi nella notte” di Angelo Marotta (https://www.youtube.com/watch?v=Cjl5-QvP27Y&t=3349s), il libro “Mostro di Firenze – Al di là di ogni ragionevole dubbio” (Cochi, Cappelletti e Bruno, 2016) e il fumetto uscito a fine 2019 “Il Mostro di Firenze” di Di Bernardo e Sarti. Comunque nel complesso il killer ha sparato 9 colpi: 4 che hanno raggiunto il Mainardi, 2 la Migliorini, 2 sono stati usati per rompere i fari e 1, molto probabilmente, è andato a vuoto. I bossoli rinvenuti erano così suddivisi: 3 sulla piazzola dove era ferma la macchina, 2 in mezzo sulla carreggiata, 3 davanti al cofano della macchina e 1 all’interno. Si tratta di un’azione rapidissima, durata nel complesso circa un minuto e mezzo, 90 secondi. Inoltre, proprio questo delitto, ci fa capire quanto il possesso dei feticci non fosse determinante per l’azione del killer, visto che già il luogo stesso scelto per colpire non poteva lasciar pensare alla possibilità di estrarre i corpi dall’auto come era avvenuto a Rabatta, a Mosciano e a Travalle. Il delitto di Baccaiano, così come avverrà per quello di Giogoli, in cui non avvennero escissioni, non sono da considerarsi, a mio avviso, errori del Mostro, ma al contrario rientrano all’interno del suo modello, dei suoi obiettivi. La sua voglia di dimostrare qualcosa, far capire che nessuno poteva essere al sicuro. Vorrei anche sottolineare che proprio da quello che accade qui a Baccaiano, e poi l’anno successivo a Giogoli, dove il killer esce dalla scena del crimine a mani vuote, non si nota, come ci si dovrebbe aspettare da un classico Lust Murderer, o comunque da un soggetto che uccide in preda ad un irrefrenabile impulso sessuale, un accorciamento dell’emotional cooling off, l’intervallo tra un delitto e il successivo, che invece si attesta, a partire proprio dal 1982, ad un anno circa. Per capire come, secondo il sottoscritto, avrebbe agito un Lust Murderer, analizzando come questi assassini agiscono, quando Jack lo Squartatore, molto legato alle mutilazioni che effettuava in modo esteso e devastante sui corpi delle sue vittime, fu disturbato nel commettere il delitto di Elizabeth Stride, la notte del 30 settembre 1888, probabilmente dall’arrivo di un cocchiere intorno alle 1:00 di notte, colpì nuovamente a distanza di poche ore, uccidendo Catherine Eddowes, per poter effettuare su di lei le ormai famose mutilazioni, esponendosi comunque ad un altissimo rischio vista l’allerta che si era creata proprio in quelle ore. La situazione è anche molto simile: cocchiere che sopraggiunge e scopre il corpo della Stride costringendo Jack lo Squartatore a fuggire, auto che transitano sulla provinciale e situazione particolare che costringono il Mostro ad abbandonare la scena in fretta senza effettuare mutilazioni. Quello che cambia è la reazione differente da parte dei due killer: Jack lo Squartatore uccide di nuovo a distanza di poche ore e nelle vicinanze del delitto precedente, il Mostro tornerà a colpire 15 mesi dopo. Il Mostro non torna mai a colpire, anche se non riesce ad effettuare le mutilazioni. Non lo fa dopo Baccaiano e non lo farà dopo Giogoli, aspettando altri 10 mesi prima di colpire di nuovo.



Quello che da sempre ha diviso su questo delitto è proprio la dinamica: chi ha spostato l’auto? Paolo oppure il Mostro? Come mai il ragazzo è stato rinvenuto sui sedili posteriore dell’auto, come testimoniano i barellieri della misericordia accorsi per primi sulla scena del crimine?


Per quanto mi riguarda vedo difficile che, un soggetto organizzato e meticoloso come il Mostro, che già si era esposto ad un notevole rischio colpendo in un luogo non isolato, potesse pensare di guidare un’auto con due cadaveri a bordo e un vetro in frantumi lungo una provinciale trafficata e con i controlli notturni che in quel periodo erano stati istituiti, senza tener conto che lui in quel luogo era arrivato probabilmente con un mezzo e, inevitabilmente, sarebbe dovuto tornare a recuperarlo. Ci sono anche alcuni elementi che vanno in questa direzione, messi in evidenza dal lavoro di Luca Scuffio, tra cui il freno a mano ancora inserito parzialmente, l’alta velocità sostenuta dalla vettura che ha comportato anche dei danni alla carrozzeria posteriore, lo scarso controllo che il guidatore ha avuto nell’effettuare la manovra, il colpo sul parabrezza e apparentemente diretto a chi stava alla guida dell’auto. Detto questo, rimane un elemento da dipanare. Come mai entrambi i ragazzi erano sui sedili posteriori, stando alle testimonianze dei primi soccorritori giunti sul posto? A tal proposito, sia Luca Scuffio, che riporta anche esempi di casi in un certo senso simili, che Di Bernardo e Sarti nel loro fumetto, ipotizzano che il ragazzo, che si trovava al posto di guida, in un ultimo slancio di vitalità, facilitato anche dal sedile anteriore sinistro parzialmente reclinato (su cui sono presenti tracce di sangue), abbia ricercato la vicinanza della sua amata Antonella, spostandosi quindi verso di lei sui sedili posteriori dell’auto, o comunque a metà tra i sedili posteriori e anteriori.


E se invece fosse stato il Mostro a mettersi al posto di guida? In tal caso il killer avrebbe deciso di spostare l’autovettura per poterla posizionare in un luogo più sicuro in cui sarebbe stato più semplice effettuare le ormai consuete mutilazioni. Come già detto, ad avvalorare tale ipotesi, ci sono le testimonianze dei primi soccorritori che collocherebbero il Mainardi sui sedili posteriori dell’auto. Mentre per quanto riguarda la difficoltà nella manovra e la scarsa riuscita della stessa sarebbe da attribuire anche alla posizione del sedile del guidatore, che ricordiamo essere stato parzialmente reclinato.

La dinamica di questo delitto, come già detto, risulta assolutamente controversa. Io non so quale delle ipotesi e delle ricostruzioni sia vera e quale no, e credo che non si possano avere certezze in tal senso. Nonostante questo ho cercato di riportare più informazioni possibili, in modo tale che ognuno, raccolte le informazioni e magari anche approfondendole, possa farsi una propria idea.


A questo punto vorrei porre l’attenzione sulle reazioni, da un punto di vista psicologico, degli attori coinvolti nella vicenda, ovvero di Paolo, di Antonella e dell’assassino.


Antonella Migliorini -> E’ una ragazza molto giovane, ha 19 anni, innamorata persa del suo Paolo, stanno sempre insieme, tanto che gli amici li chiamano Vinavil, come la colla. Antonella, secondo le testimonianze di parenti e amici, era letteralmente ossessionata dal Mostro di Firenze, tanto da parlarne con tutti. È Paolo che, pur di non rinunciare ai loro momenti di intimità, cerca di convincerla ad appartarsi in luoghi che lui definisce “sicuri”, come la piazzola dove decidono di parcheggiare la sera del 19 giugno, a ridosso della strada provinciale, tanto che le auto che la percorrono in entrambe le direzioni la notano in sosta. Ma, come sappiamo, queste accortezze non sono bastate a salvare la vita ai due ragazzi. E non possiamo neanche immaginare cosa avrà provato Antonella quando, intenta a rivestirsi sul sedile posteriore dell’auto di Paolo, ha forse intravisto una figura che si avvicinava all’auto dal lato sinistro. Molto probabilmente il suo stato di panico e agitazione la porta a fare un gesto inconsulto e senza senso, cioè gettarsi sulla testa del fidanzato che era al posto di guida (secondo la ricostruzione di Luca Scuffio), con l’intento di proteggerlo dai colpi del killer.


Paolo Mainardi -> Il Mainardi invece, al momento dell’attacco del killer, si è rivestito e si sta preparando per ripartire. Forse ingrana la retromarcia, oppure era già ingranata, viste le precauzioni e l’alto livello di paura della Migliorini. È pronto per riaccendere l’auto, anche se attende che la fidanzata si sia rivestita completamente. Improvvisamente si sente afferrare la testa da Antonella, viene spinto all’indietro, forse ci sono delle urla. Non fa in tempo a realizzare cosa stia succedendo che due colpi lo raggiungono all’orecchio e alla guancia sinistra infrangendo il finestrino. Perde i sensi per qualche secondo e ricade appoggiando la testa sul montante dello sportello. Quando si riprende mette in atto una classica reazione di attacco-fuga, una reazione istintiva controllata dal sistema limbico, in particolare dall’amigdala, che si attiva in modo automatico in risposta ad uno stimolo potenzialmente pericoloso. Nella concitazione del momento il Mainardi non riesce ad abbassare completamente il freno a mano, comunque riesce a partire, ma il fortissimo stato di stress, potremo dire di shock, unito al forte dolore, alla perdita di sangue e agli spari che il killer continua a scaricare contro di lui e la macchina, non riesce a tenersi in carreggiata e finisce con le ruote posteriori nel fossato, l’auto si sbilancia all’indietro, il Mainardi con la forza della disperazione spinge forte sull’acceleratore, le ruote slittano ma l’auto non si sposta. A questo punto si rende conto che l’aggressore si sta avvicinando, in un ultimo sussulto irrazionale si trascina sui sedili posteriori, forse per cercare un rifugio, forse per avvicinarsi al suo amore da cui non si separava mai, per cercare di proteggerla, perché non può sapere che Antonella è già morta. In questo momento, raggiunto il sedile posteriore, perde i sensi e non si riprenderà più. Intanto però il Mostro ha esaurito i proiettili e, visto che i ragazzi sono sui sedili posteriori incastrati in quella trappola di lamiere, non può fare altro che andarsene.


Assassino -> Anche in altri casi il killer dimostra una incredibile freddezza di esecuzione, con totale assenza o scarsa presenza di emotività al momento della messa in atto del delitto, ma mai come in questo caso va tanto vicino al fallimento della sua azione. Nonostante tutto riesce a mantenere la calma e sparare implacabilmente alla macchina impazzita in retromarcia. Ha la freddezza di sparare ai fari, il modo più rapido per fare in modo di rendere meno visibile possibile la vettura ad eventuali auto che sarebbero sopraggiunte di lì a breve. Così come usa il coltello per lacerare gli slip e i jeans o la gonna delle vittime femminili a Mosciano e Travalle, mette in atto sempre l’azione più semplice e meno elaborata con gli strumenti che ha a disposizione in quel momento, a dimostrazione della sua grande capacità di problem solving e senza che le emozioni, la paura, l’eccitazione, prendano il sopravvento. Questa volta però, come era già accaduto a Rabatta, esaurisce i colpi e non è certo della morte del Mainardi, che infatti morirà la mattina successiva in ospedale, senza mai riprendere conoscenza. Intanto il Mainardi si è spostato, con le ultime forze in corpo e con l’ultimo guizzo del suo istinto, sul sedile posteriore, ma il Mostro non può perdere tempo ad entrare in auto per accertarsi della morte delle vittime. Prende le chiavi dell’auto e le getta lontano, con un gesto che dimostra la sua estrema frustrazione. Freddezza estrema, anche in momenti di difficoltà, assenza di stress, assenza di rimorso e senso di colpa, frustrazione elevata per non aver potuto raggiungere il suo obiettivo, tutte caratteristiche di uno psicopatico. Altro elemento interessante che caratterizza la psicologia dello psicopatico è che, se il soggetto commette un crimine, e poi ne commette altri dello stesso tipo, il suo livello di eccitazione tende a scemare, appiattendosi verso il basso. Questo è un elemento interessante, che si nota chiaramente nell’evoluzione omicidiaria del Mostro: da un alto livello di attivazione, e forse anche di eccitazione, nel 1974 a Rabatta, fino a diventare progressivamente una macchina da omicidi dal 1981 al 1985, mai coinvolto emotivamente. In tutto ciò al Mostro si potrebbero tranquillamente attribuire dei tratti paranoidi, evidenti nella scelta del tipo di vittime e delle situazioni in cui esse si trovano, con alcuni evidenti elementi di narcisismo. In conclusione: uno psicopatico con tratti narcisisti e paranoidi.

L’analisi del killer delle colline fiorentine continua...

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©2020 di Alessandro Cariulo Psicologo Criminologo Formatore. Creato con Wix.com

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