IN ME LA NOTTE NON FINISCE MAI: VIAGGIO NELLA MENTE DEL KILLER DELLE COLLINE FIORENTINE - EP.1
- Alessandro Cariulo
- 2 mag 2020
- Tempo di lettura: 8 min

Benvenuti al primo di una serie di appuntamenti dedicati all'analisi e alla scoperta della mente del killer che, agendo tra le colline intorno a Firenze, ha ucciso almeno 7 coppie di giovani tra il 1968 (o 1974) e il 1985, noto a tutti come Mostro di Firenze. Innanzi tutto, in una vicenda che va avanti da oltre 50 anni, con sospettati, condannati, teorie, idee di depistaggi e complotti satanici, dobbiamo partire da alcuni punti fermi.
Cosa sappiamo di sicuro del Mostro? Che uccideva coppie, anche se discuteremo anche di questo, appartate in macchine, camper o tende in zone di campagna. Colpiva di notte, in genere poco prima della mezzanotte, nella maggior parte dei casi nei fine settimana e, fatta eccezione per un delitto, nei mesi compresi tra giugno e settembre. Agiva nella provincia di Firenze, tra Mugello e zona Sud-Ovest della città, in un territorio abbastanza vasto. Usa sempre una pistola calibro 22 e, in alcuni casi, anche un’arma da punta e taglio. Altre certezze non ci sono. In questi interventi e approfondimenti cercherò proprio, nel rispetto della memoria delle vittime, di tutte le persone coinvolte nella vicenda a vario titolo e i loro familiari, di cercare di rispondere ad alcune domande che da anni si ripetono. Sottolineo che, ogni teoria o ipotesi, esposta e sostenuta in questa sede, non sarà altro che il frutto del mio punto di vista, senza alcuna pretesa di certezza o affermazione assoluta. Ricordando che, da un punto vista processuale, c'è una verità che ha portato alla condanna definitiva di due soggetti, ritenuti responsabili e/o complici di quattro degli otto duplici delitti. Un altro, quello del 1968, aveva già un condannato in via definitiva, Stefano Mele, marito di Barbara Locci, la donna uccisa. Mentre i delitti dal 1974 all'ottobre 1981 sono rimasti senza un colpevole. Una serie di delitti, commessi con una stessa arma da fuoco, stando alle perizie fatte da più esperti, che però non sono stati commessi dallo stesso o dagli stessi assassini. Ma procediamo per gradi.
Innanzi tutto vorrei partire dall'analisi del contesto socio-culturale in cui questi atroci delitti sono nati e si sono sviluppato. In genere si tende a considerare queste vicende come astratte dal tempo e dallo spazio, ma in realtà non lo sono. Ed è proprio questa la chiave per poter entrare meglio anche nella mente dell'assassino. Per capire la genesi e lo sviluppo di certi comportamenti bisogna capire il contesto in cui il soggetto può essere nato e cresciuto.
Siamo nel 1968, il mondo è in subbuglio, scosso dalle lotte per i diritti civili e le libertà sessuali. Proprio queste ultime possono aver contribuito, almeno in parte, a slatentizzare un agito violento, trait d’union tra criminogenesi e criminodinamica per quanto riguarda i delitti delle colline fiorentine. Stiamo parlando di lotte che hanno portato al raggiungimento di traguardi come l'aborto legale e il divorzio. Nel frattempo Firenze e i fiorentini si stanno riprendendo lentamente e a fatica dagli effetti della devastante alluvione del 1966. Le estati scorrono via veloci e le località di mare, soprattutto toscane, con la Versilia e Castiglioncello in testa, vengono prese d'assalto. Sono gli anni del boom, con la popolazione che cerca di riprendersi dalle difficoltà, non solo economiche ma anche psicosociali, derivanti dalla seconda guerra mondiale. Sono anche gli anni della guerra fredda, le guerre di Corea e del Vietnam che dividono politicamente il mondo, mentre l'Europa è fisicamente divisa in due dal muro di Berlino, la lotta agli armamenti e alla conquista dello spazio, con il primo uomo sulla Luna, un astronauta americano, nel luglio 1969. In quel 1968 il Presidente della Repubblica italiana è Giuseppe Saragat, mentre la carica di Presidente del Consiglio è ricoperta da Aldo Moro. Sugli schermi cinematografici i tuffi nel passato, con “C’era una volta il West”, capolavoro di Sergio Leone, si alternavano ai salti nel futuro, come quello immaginato da Stanley Kubrick in “2001: Odissea nello spazio”. Quell’anno sono Sergio Endrigo e Roberto Carlos Braga a trionfare al festival di Sanremo, con il loro brano Canzone per te. Gli anni tra il 1970 e il 1985, quelli in cui il Mostro colpisce con maggiore frequenza, sono scossi dal terrorismo rosso e nero, le Brigate Rosse, l’uccisione di Aldo Moro nel 1978, le stragi di Piazza Fontana (il 12 dicembre del 1969), di Piazza della Loggia (il 28 maggio 1974), la strage dell’Italicus (la notte tra i 3 e il 4 agosto 1974), e ancora sei anni più tardi sempre di agosto, stavolta il 2 agosto, la strage della stazione di Bologna. Nel sud Italia intanto, svuotato dall’esodo verso le grandi città del nord, come Milano e Torino, con le loro fabbriche di successo, la FIAT su tutte, si scatenano le lotte di mafia. In Campania c’è la camorra, in Sicilia c’è Cosa Nostra. E sono proprio i mafiosi siciliani a capire che per avere successo bisogna espandere il proprio giro d’affari anche oltreoceano, negli Stati Uniti d’America. In Italia però, anche e soprattutto grazie all’affermazione della criminalità organizzata, non si muore solo nel corso di attentati terroristici o sotto i colpi sparati dai mafiosi: ad uccidere moltissimi giovani è la droga, l’eroina su tutte. Intanto alla Presidenza della Repubblica si susseguono nell'ordine: Giovanni Leone, Sandro Pertini e Francesco Cossiga. Dalla Presidenza del Consiglio transitano invece: Mariano Rumor, Emilio Colombo, Giulio Andreotti, Francesco Cossiga, Arnaldo Forlani, Giovanni Spadolini e Bettino Craxi.
I gusti degli italiani cambiano, e lo si può notare dai modelli delle auto che vanno per la maggiore, in particolare prodotte dalla FIAT, e dalla musica. Dalla passione per la 500 degli anni ’60 si passa alla Panda, alla Uno e alla Croma, negli anni ’80. Per quanto riguarda i gusti musicali degli italiani è senza dubbio il Festival di Sanremo a fare da termometro: dai trionfi di Bobby Solo e Iva Zanicchi con Zingara, poi dei Matia Bazar, dei vari Toto Cutugno, Riccardo Fogli, Nicola Di Bari, Peppino di Capri, passando dalle coppie celebri, Adriano Celentano e Claudia Mori, Albano e Romina, fino al successo del 1986 di Eros Ramazzotti con Adesso Tu. Sono però anche gli anni dei successi sportivi della Nazionale di calcio: dalla vittoria dell’europeo del 1968, passando dal leggendario Italia – Germania 4 a 3 al mondiale di Messico 1970, definita da molti come la partita del secolo, fino ad arrivare al trionfo mondiale del 1982 in Spagna. Rimanendo nel contesto del capoluogo toscano, in ambito calcistico, la Fiorentina trionfa nel 1969, vincendo il suo secondo e ultimo Scudetto, almeno fino ad oggi, quel trofeo inseguito fino all’ultima giornata anche nel campionato 1981/1982, stavolta però sfumato in favore della Juventus, con la squadra gigliata guidata dal capitano e simbolo di Firenze Giancarlo Antognoni, il ragazzo che giocava guardando le stelle, in una squadra che annoverava tra gli altri campioni del calibro di Passarella e Bertoni. Quello calcistico è un aspetto importante per comprendere al meglio l’essenza dei fiorentini e quel sentimento di fiorentinità che mescola città e squadra, facendole diventare un qualcosa di unico. Un sentimento di amore che si insinua nel profondo, affondando le radici nella cultura, un senso di appartenenza che va oltre la semplice passione sportiva, e che solo chi vive veramente Firenze può comprendere.
Solo se si considerano tutti questi eventi, queste variabili temporali, culturali e politiche è possibile comprendere realmente il Mostro, entrando nella sua mente, nei suoi modi di ragionare e di interfacciarsi con il mondo esterno. Ma passiamo ora ad affrontare un ultimo aspetto, tutt’altro che marginale anche nell’ottica dello sviluppo della successiva trattazione. Stiamo parlando degli anni subito successivi alle rivoluzioni del sessantotto, alla modifica della cultura e soprattutto dei costumi sessuali. Ma a Firenze cosa accade nella prima metà degli anni ’80? La fobia del Mostro ormai è impressa nelle menti di ogni fiorentino, si diffonde in Toscana e in tutta Italia. A Firenze, nei primi anni ’80, le macchine con i vetri oscurati iniziano ad accumularsi, una accanto all’atra, lungo la strada che porta alla chiesa di San Miniato, a pochi passi dal centro della città. Intanto le famiglie, anche quelle più conservatrici, iniziano ad aprire le loro case, oltre alla loro mentalità, facendo venire a casa fidanzati e fidanzate, mentre loro ne approfittano per andare al cinema o a mangiare una pizza. I delitti però, nonostante tutte le accortezze, non accennano ad arrestarsi. La città di Firenze, e tutta la provincia, viene tappezzata di cartelloni con scritto “Occhio ragazzi”, al centro dei quali campeggia un occhio decisamente inquietante. Un appello scritto in quattro lingue, rivolto anche ai turisti. Ma, come è lecito aspettarsi, anche alla luce dei recenti studi, la comunicazione basata sull’appello alla paura non porta gli effetti sperati. “Perché deve capitare proprio a noi?”, questa è la reazione della maggior parte dei ragazzi. In ogni caso non possiamo negare che il fenomeno Mostro di Firenze, in modo certamente inconsapevole, se da una parte colpiva ragazzi alla ricerca di intimità in un luogo pubblico, condannando di fatto questi comportamenti, dall’altra parte ha infranto il muro dei tabù e dei moralismi, mettendo i genitori davanti ad una scelta tra la sicurezza dei propri figli e il mantenimento della vecchia cultura e dei suoi costumi. La scelta, messa in questi termini, non appariva difficile. È da qui, dopo aver analizzato il contesto dove il fenomeno è nato e si è sviluppato, che si può iniziare il viaggio. Un viaggio all’interno della mente dell’autore di sedici atroci delitti. Un viaggio nella mente del Mostro di Firenze.
Quando ci troviamo ad analizzare un caso di omicidi in serie, il punto di partenza è sempre lo stesso: capire le modalità di pensiero del serial killer (SK), comprendere le fantasie che governano la sua mente portando poi inevitabilmente alla messa in atto dei comportamenti violenti. La disposizione dei cadaveri, le modalità di azione del SK, le armi usate, le ferite inferte e tutto ciò che il killer fa sulla scena del crimine (SC), sono tutti elementi fondamentali per poter comprendere al meglio i meccanismi di pensiero, e di azione, che guidano la mano assassina. In tal senso i delitti del Mostro di Firenze (MdF) non fanno eccezione. Per fare questo il profiler, o chi si occupa delle indagini relative a questi delitti, deve riuscire ad entrare nella mente del SK, pensare come lui, senza dubbio il passo più difficile da compiere. Entrare in contatto empatico (mettersi nei panni dell'altro con la consapevolezza di “non essere l'altro”) con un soggetto che uccide, tortura e mutila altri esseri umani sembra davvero impossibile, ma è l'unico modo per riuscire ad avvicinarsi alla cattura di tali soggetti.
La fantasia è un mezzo molto utile, sia per i bambini che per gli adulti, per mantenere il controllo su di una situazione immaginata e può avere una funzione sostitutiva oppure può preparare il soggetto all'azione. Secondo la definizione di Ressler, Douglas e Burgess per fantasia intendiamo: “un pensiero con elevato livello di sofisticazione, che trae la sua origine dalle emozioni e viene generato nei sogni ad occhi aperti”. I SK hanno una fantasia estremamente più sviluppata rispetto alla media della popolazione, questo è un dato di fatto.
Tali soggetti possono ritirarsi nel loro mondo fantastico per fuggire da una situazione di disagio vissuta nel mondo reale (funzione difensiva) oppure per ottenere una gratificazione e un senso di potere che nella vita reale non possono essere sperimentate (funzione sostitutiva). Quando il soggetto si sente minacciato, rifiutato oppure a disagio, tende a rifugiarsi nel suo mondo parallelo, un mondo fatto di regole che lui stesso ha creato, un mondo fatto su misura per lui e dove non esistono delusioni. Questa alternanza tra realtà e fantasia, che si fa sempre più incalzante, porta alla creazione di due identità ben distinte l'una dall'altra: una che comprende tutto ciò che avviene nella realtà (quello che Jung definisce Persona), mentre l'altra che è formata da tutto ciò che accade in fantasia (Jung la definisce Ombra). Con il passare del tempo questo alternarsi tra un mondo e l'altro porta confusione nel soggetto che, infine, arriva a preferire il “lato oscuro”, quello in cui può esercitare il suo potere e il controllo massimo su tutti gli altri. Quando l'Ombra prevale sulla Persona il soggetto può mettere in atto i comportamenti (anche violenti) che governano il suo mondo fantastico.
Il SK compensa la sua solitudine sociale vivendo in un mondo di fantasie: maggiore è il tempo trascorso a fantasticare, più rapido sarà il passaggio dal pensare all'agire. Per il killer le vittime non sono altro che pedine che lui può spostare e manipolare per ottenere la massima gratificazione. Questo è un processo che ha origine nell'infanzia e si rafforza con il passare degli anni. Senza dubbio le fantasie che governano la mente del mdf sono fantasie ben elaborate, specifiche, curate nei minimi particolari, si tratta di pensieri che non si sono sviluppati in un giorno, ma hanno richiesto del tempo per potersi maturare e consolidare. Secondo un'analisi fatta da Prentky e altri (1989) la fantasia, caratterizzata da comportamenti parafilici, attenzione per la SC e componente di fantasia violenta, è un vero e proprio stimolante interno per il SK che lo porta a ripetere i comportamenti aggressivi.
(Continua nell'Episodio 2)
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