La psicologia nei momenti di crisi sociale: dall'11 settembre 2001 al Covid-19
- Alessandro Cariulo
- 20 apr 2020
- Tempo di lettura: 2 min
11 Settembre 2001. Una data che nessuno potrà mai scordare. Chi l'ha vissuta ha in mente immagini nitide di quel giorno, chi non l'ha vissuta, perchè ancora non era nato o troppo piccolo per ricordare, lo studierà sui libri di scuola. Da quel giorno le nostre vite sono cambiate, o per meglio dire è cambiato il modo di vedere certe cose. Una manciata di ore, un giorno, la paura che "non fosse finita lì" che si è portata avanti per mesi e anni. Un evento circoscritto nel tempo e nello spazio che però ha avuto effetti su tutto il mondo. E cosa succederà quando questa emergenza pandemica sarà finita? Ma soprattutto, quando sarà finita? Ancora questo non è chiaro, la cosa che sappiamo è che sta coinvolgendo tutto il mondo, persone di ogni genere, etnia e rango sociale. Un evento devastante non limitato nel tempo e nello spazio. Tanto da non poter indicare una data precisa di inizio: febbraio, marzo oppure gennaio?
Ma cosa è successo, a livello psicologico, dopo l'11 settembre? Senza dubbio c'è stato un incremento dei Disturbi d'Ansia, del Disturbo Post-Traumatico da Stress, di Disturbi dell'Umore e dei suicidi, e non solo in chi ha vissuto in prima persona i fatti, ma anche per chi li ha solo osservati in televisione. Se pensiamo a questo, dobbiamo moltiplicarlo all'ennesima potenza se pensiamo agli effetti del coronavirus: isolamento sociale, paura che diventa ben presto terrore, limitazione delle libertà personali, perdita di lavoro e difficoltà socio-economiche senza precedenti nella storia. Ma soprattutto, siamo coinvolti tutti in prima persona, tutti all'interno di questo vortice di ansia e tensione, con milioni di persone "fragili" rinchiuse tra le mura di casa, rinchiuse anche nei loro pensieri, che di certo non aiutano.
Isolamento. Per una specie sociale come la nostra è già un dramma. Quello che pensiamo è che alle persone manchino le passeggiate all'aperto, ma in realtà sono i contatti umani assenti a creare il maggior disagio. Gli effetti sugli esseri umani, in isolamento per meno di dieci gionri, erano stati studiati in seguito all'epidemia di SARS del 2003 e 2005, dimostrando come possono essere devastanti, anche a lungo termine. Ma una volta finita l'emergenza torneremo alla vita di prima o la diffidenza per l'altro, visto come potenziale nemico o infetto da cui stare alla larga, continuerà a farla da padrona? Difficile da dire, ma è difficile anche pensare che possa cessare tutto da un giorno ad un altro.
Tra le mura domestiche sono chiusi attualmente persone già fragili, soggette a sviluppare malattie psichiatriche o che già le hanno. Perosne con dipendenze di vario tipo. Persone che devono rinunciare ai loro contatti finalizzati alla terapia. L'isolamento toglie molte risorse a tutti, ma chi è più fragile ne risente maggiormente.
Crisi economica e sociale. Per rispetto della quarantena molte attività hanno dovuto chiudere, ma quante di queste riapriranno? Molte aziende hanno dovuto ridurre il personale, ma sarà una cosa transitoria o stabile? Nessuno può dirlo. E tutto questo si va a sommare alla già difficile condizione di isolamento.
Siamo in una situazione di emergenza, non limitata nel tempo e diffusa. Come un'emergenza dovrà essere trattata. Anche e soprattutto quando torneremo a vivere le nostre vite, ad uscire senza restrizioni e a riattivare la nostra socialità.

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