Psicologia e decapitazione: dalle origini al terrorismo islamico
- Alessandro Cariulo
- 31 ott 2020
- Tempo di lettura: 5 min

Terroristi islamici che decapitano in diretta social ostaggi occidentali. Impatto mediatico unico e devastante. Azioni che fecero in pochi secondi il giro del mondo e che, a distanza di anni, sono ancora ben impresse nella memoria di tutti noi.
Nelle ultime settimane siamo tornati ad associare il terrorismo islamico alla decapitazione: gli ultimi episodi sono avvenuti in Francia, a Parigi a metà ottobre, dove un professore è stato aggredito per aver mostrato in aula delle vignette su Maometto, e a Nizza pochi giorni fa, quando un uomo si è introdotto in una chiesa decapitando un uomo e uccidendo altre due persone. Ma quale è il vero significato, anche da un punto di vista rituale, di questa pratica cruenta ma che richiede anche una certa dose di forza e precisione da parte di chi la esegue? Proviamo a fare un attimo un passo indietro nella storia, cercando di capire da dove ha origine il simbolismo associato alla decapitazione.
Decapitazione: significati e origini
Con decapitazione si definisce l'atto consistente nel tagliare la testa a qualcuno, sia esso vivo, al fine di provocarne il decesso, oppure già morto. Numerosi studiosi si sono dedicati a questo tema, giungendo a classificare i casi di decapitazione in tre sottocategorie: decapitazione sacra, decapitazione profana e decapitazione magica. La sottocategoria più antica, la decapitazione sacra, è stata sovente applicata sia come metodo di esecuzione capitale sia come pratica a scopo propiziatorio in tempi antichissimi. Tracce dell'analogo significato della decapitazione sono state rinvenute tra le fonti celtiche e in tempi più recenti tra i Bagobo presso i quali la decapitazione del nemico e la danza attorno alla sua testa esposta al pubblico costituivano un rito propiziatorio per il raccolto. La decapitazione profana prevede invece il trattamento riservato presso molti popoli al nemico ucciso. Infine con la definizione di decapitazione magica si fa riferimento sempre alla decapitazione del nemico sconfitto ma in questo caso il trofeo viene conservato per servirsene a scopo d'oracolo o premonizioni.
Nel mondo antico la decapitazione era usata dagli Egizi e dai Romani. Nella Roma imperiale era la pena di morte riservata a chi possedeva la cittadinanza (in seguito all'istituzione della libertas repubblicana, la possibilità di procedere de capite nei confronti delle persone con cittadinanza venne meno per l'introduzione della provocatio ad populum, mentre era ancora usata per quelle persone che a tale strumento di difesa non potevano chiedere ausilio, principalmente gli stranieri) poiché ritenuta rapida e non infamante; per gli schiavi e i ladroni invece si applicava la crocifissione. Venne ampiamente usata anche nel Medioevo e nell'Età Moderna. Fino al XVIII secolo in Europa la decapitazione era considerata come un metodo di esecuzione "onorevole", riservata ai nobili, mentre i borghesi e i poveri erano puniti con l'impiccagione oppure con metodi crudeli, come lo squartamento. In Cina, invece, era considerata la forma di condanna a morte più infamante perché, secondo la religione tradizionale, i corpi devono rimanere intatti. Nel 1905, con il nuovo codice penale cinese, vennero conservati solo decapitazione e fucilazione e nel 1949, con l'avvento al potere del regime comunista, rimase solo quest'ultima. Il taglio della testa viene spesso eseguito dal boia tramite una spada, detta spada da esecuzione, anche se ha molte varianti: nel Regno Unito, per esempio, era usata una scure, mentre in Francia, dal 1792 al 1977, anno dell'ultima esecuzione (la pena di morte venne abolita nel 1981), la ghigliottina, che successivamente si diffuse in altri stati. A oggi solo l'Arabia Saudita conserva la decapitazione come metodo di esecuzione, anche se alcune organizzazioni non governative affermano che venga praticata da dittature africane e asiatiche. È usata spesso dai terroristi sugli ostaggi: ad esempio in Iraq sono state decapitate diverse persone prese in ostaggio e durante la prima guerra cecena i guerriglieri hanno decapitato molti prigionieri russi.
I Celti e la decapitazione rituale (da conoscerelastoria.it)
Alcuni scavi archeologici effettuati nei siti di Gournay-sur-Aronde e Ribemont-sur-Ancre, nel Nord della Francia, hanno riportato alla luce fosse comuni situate accanto a santuari risalenti alla fine del IV secolo a.C. Nel primo caso la fossa, poco distante dal recinto sacro, risultò colma di armi e armature; nel secondo, invece, furono ritrovati i resti ossei di mille uomini, accuratamente accatastati dopo essere stati bruciati, oltre a un deposito di scheletri (in tutto un’ottantina) disposti in posizione eretta, con l’intero armamentario e legati gli uni agli altri in fila. Tutti i corpi erano stati decapitati. L’uso gallico della decapitazione rituale dei nemici era noto già a Cesare e Diodoro, secondo cui i vincitori conservavano le teste dei vinti in segno di trionfo, mentre i corpi venivano esposti nei santuari. Pilastri di pietra con spazi per esporre i teschi nemici sono stati ritrovati, sempre in Francia, a Entremont (a destra, il particolare di un capitello) e a Roquepertuse, e non si contano le stele con teste scolpite. I Celti, come i Germani e le genti delle steppe, erano convinti che il capo fosse la sede della forza e del coraggio: spiccare dal busto la testa di un nemico e conservarla equivaleva dunque a tributargli “l’onore delle armi”. E ricavarne una coppa per le libagioni rituali non rappresentava un affronto all’avversario, bensì un tributo al suo valore.
Serial killer e decapitazione: aspetti psicologici e rituali
Non è raro, nella storia criminologica internazionale, individuare casi di assassini seriali che hanno fatto ricorso, in uno o più delitti della serie, alla decapitazione delle proprie vittime. In molti casi si tratta di un comportamento volto a rendere ancora più difficile l’identificazione delle vittime, ma in altri casi si tratta di un vero e proprio comportamento rituale, strettamente legato ad una motivazione di tipo psicologico, in cui spesso la conservazione della testa della vittima altro non è che un trofeo o un souvenir per l’assassino, con la funzione di affermare il suo trionfo o ricordare il momento emozionante dell’omicidio. Talvolta, come nel caso del misterioso “Macellaio di Cleveland”, serial killer mai identificato e responsabile di almeno una dozzina di omicidi perpetrati tra il 1935 e il 1938 nella città statunitense, si individua il ricorso alla decapitazione delle vittime come possibile causa di morte, mentre in altri casi, come per serial killer quali Ted Bundy, Edmund Kemper, Ed Gein, Douglas Clark e Carol Bundy, Jeffrey Dahmer, Fritz Honka, la decapitazione è effettuata post-mortem ed è finalizzata all’ottenimento di un feticcio da conservare. Non è un caso che anche il cacciatore di animali esponga, nella sua sala dei trofei, proprio le teste degli animali uccisi.
In conclusione possiamo dire che, la scelta di questa modalità di uccisione può assumere un duplice significato per i terroristi: da una parte esprime un profondo senso di vendetta nei confronti di quelli che loro considerano “peccatori”, ma dall’altra ricopre un significato puramente comunicativo, dimostrativo e shoccante, aspetto fondamentale per il terrorista che vuole incutere timore nel popolo.
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