Serial Killer: fenomeno antico o recente?
- Alessandro Cariulo
- 20 apr 2020
- Tempo di lettura: 3 min

Serial Killer, da quanto e come è nato l’interesse per questo fenomeno psico-sociale? Dobbiamo, prima di iniziare, fare una distinzione tra nascita del fenomeno e origine del termine. Il fenomeno è senza dubbio molto antico, almeno quanto l’uomo. Da sempre si sono verificati atroci delitti, non direttamente collegati ad uno dei classici moventi (gelosia, denaro, vendetta), tanto da far nascere storie che vedevano di volta in volta protagonisti lupi mannari, orchi, vampiri e streghe. Basta pensare che, per quanto ne sappiamo, già ai tempi dell’Antica Roma erano presenti soggetti che uccidevano in serie, è il caso dell’avvelenatrice Locusta, ma anche di imperatori come Nerone e Caligola. Durante il Medioevo, oltre alle crudeli e inspiegabili torture a cui venivano sottoposti i disertori della legge, non dobbiamo dimenticare i numerosi cavalieri assassini, nobili che richiudevano schivi nelle segrete dei loro castelli, per poi ucciderli, donne avvelenatrici e molto altro. Per quanto riguarda però il termine Serial Killer il discorso è molto diverso. Fu per primo James Reinhardt, nella sua opera “Sex perversion and sex crimes”, nel 1957 a riferirsi a soggetti che uccidevano in serie definendoli “Chain Killer”, ovvero killer a catena. Il termine omicidio seriale fu invece utilizzato per la prima volta da John Brophy, nel 1966, termine ripreso dieci anni dopo dallo psichiatra Donald Lunde, secondo il quale l’omicida seriale è quasi sempre un soggetto con disturbi mentali seri, affermazione smentita poi dai fatti negli anni successivi. Robert Ressler, agente speciale dell’FBI, definì nel 1988 l’omicida seriale come “soggetto che uccide in tre o più occasioni in tre o più luoghi separati con un periodo di intervallo tra gli omicidi (chiamato emotional cooling off)”. Tale definizione venne però criticata e modificata nel 1988 dal National Institute of Justice che definiva il Serial Killer come responsabile di: “Una serie di due o più omicidi commessi come eventi separati, solitamente ma non sempre, da un soggetto singolo. I crimini possono verificarsi in un periodo che va da ore ad anni. Il più delle volte il movente è psicologico e il comportamento del criminale e le prove concrete osservate sulle scene dei crimini riflettono connotazioni di tipo sadico e sessuale”. In 20 anni si sono susseguite molte definizioni, ponendo soprattutto l’accento su alcuni omicidi seriali, per così dire, atipici soprattutto in seguito agli studi di Dietz e Rappaport, Lester e De Luca, arrivando ad una definizione del fenomeno, formulata da De Luca nel 2000, secondo cui: “L'assassino seriale è un soggetto che mette in atto personalmente due o più azioni omicidiarie separate tra loro oppure esercita un qualche tipo di influenza psicologica affinché altre persone commettano azioni omicidiarie al suo posto. Per parlare di assassino seriale, è necessario che il soggetto mostri una chiara volontà di uccidere, anche se poi gli omicidi non si compiono e le vittime sopravvivono: l'elemento centrale è la "ripetitività dell'azione omicidiaria". L'intervallo che separa le azioni omicidiarie può andare da qualche ora a interi anni e le vittime coinvolte in ogni singolo episodio possono essere più di una. L'assassino seriale agisce preferibilmente da solo, ma può agire anche in coppia o come membro di un gruppo. Le motivazioni sono varie, ma c'è sempre una componente psicologica interna al soggetto che lo spinge al comportamento omicidiario ripetitivo. In alcuni casi, vanno considerati assassini seriali anche i soggetti che uccidono nell'ambito della criminalità organizzata, i terroristi, i soldati”. E ancora Simon, che analizza in particolare gli assassini seriali sessuali, afferma che in essi agiscono in maniera conscia quegli impulsi antisociali che le persone normali tengono relegati nella loro parte inconscia, e li paragona ai tossicodipendenti: anche il Serial Killer ha bisogno di dosi sempre più frequenti per raggiungere lo stesso grado di eccitazione emozionale.
Ma, ad oggi, quali sono i punti cardine per poter definire il Serial Killer? Innanzi tutto la presenza di almeno due omicidi, intervallati da un periodo di pausa che può variare a causa di diversi fattori, la ricerca continua di onnipotenza e di dominio sugli altri, il bisogno di continuare ad uccidere che va oltre il raggiungimento di uno scopo (per esempio la gelosia, la rabbia o altro) e oltre il semplice rispetto di un dovere o di un ordine (soldati, guerriglieri, terroristi). Continuerò ad approfondire l'argomento prossimamente.
Fonti:
- Serial Killer Italiani di Giordano Lupi
- I Serial Killer di V. M. Matronardi e R. De Luca




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